Bambino marocchino perquisito in classe
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Bambino marocchino perquisito in classe
Cerisano, bambino perquisito nella sua classe. Ma spuntano solo libri, penne e pastelli.
Vicepreside e forze dell’ordine frugano nello zainetto. Cercano un coltello che non c’è davanti ai compagni.
Padre e madre della vittima dell’umiliazione gratuita sono immigrati di origine marocchina.
CERISANO (Cosenza) Un bambino di undici anni perquisito dai carabinieri davanti agli sguardi attoniti dei compagni di classe. Perquisito sì, nel timore –rivelatosi poi infondato – che avesse con sé un coltello. E’ accaduto una ventina di giorni addietro in una scuola media di Cerisano, piccolo e ordinato centro delle Serre cosentine. Il bimbo in questione è di origine marocchina. I suoi genitori vivono da circa un anno in Calabria: gente onesta, perfettamente integrata nella comunità del posto. Ciò nonostante, però, il pregiudizio è sempre in agguato dietro l’angolo. Che il ragazzino avesse l’abitudine di andare a scuola armato, non poteva definirsi neanche un sospetto. Non c’erano denunce, né timori più o meno fondati al riguardo: solo chiacchiere di paese, alimentate da qualche genitore – uno in particolare – che aveva esternato i propri dubbi a un carabiniere della locale stazione. Colpa, forse, di un litigio che, alcuni giorni prima, sua figlia aveva avuto con il bimbo marocchino. Lei lo aveva colpito con la scatola dei pastelli, lui aveva risposto con un calcione: uno screzio tra ragazzini, insomma, diventato poi però un affare ben più serio al punto da scomodare l’intervento della forza pubblica. L’incidente dei pastelli – nel racconto dei protagonisti – era stato, infatti, condito da particolari inventati.
Qualcuno aveva pronunciato la parola “coltello”, la bambina aveva annuito: è stata quella l’anticamera del clamoroso abbaglio andato in scena tre settimane fa. Quel giorno, la vicepreside dell’istituto (la preside era assente, ndr) si è presentata nella classe frequentata dal bambino extracomunitario e, spalleggiata dagli uomini in divisa, ha imposto all’alunno marocchino di svuotare lo zainetto e le tasche dei pantaloni. Cercavano una lama, ma hanno trovato solo libri, matite e quaderni. Una figuraccia in piena regola, insomma. E un’umiliazione gratuita inflitta al piccolo protagonista di questa vicenda, trattato suo malgrado come un pregiudicato in erba davanti agli occhi di tanti, troppi testimoni. Sarebbe bastata un po’ di discrezione in più, infatti, la stessa che, un po’ tutti, nei giorni a venire, hanno sfoderato per tenere nascosti i dettagli di questa storia. Dicevamo: pregiudizi, ma anche buonsenso. Forse, in questa vicenda, è mancato proprio quello. è sacrosanto, infatti, mantenere alta la guardia contro la piaga delle armi nelle scuole: un allarme più americano che europeo secondo le cronache, ma tant’è: a Philadelphia come a Cerisano, meglio non dare nulla per scontato in casi del genere. Tutt’altra cosa, però, è costringere un bambino a subire una perquisizione tra i banchi di scuola. Sarebbe bastato convocarlo nell’ufficio della vicepreside, anche in presenza dei carabinieri, perché no: dato che ormai si dà per scontato che l’autorità del maestro non sia più sufficiente a tenere buoni gli alunni e che, in casi del genere, sia necessario addirittura, l’intervento degli uomini in divisa. Ma questa è un’altra storia…
L'Ora della Calabria - 07/04/2014.
Vicepreside e forze dell’ordine frugano nello zainetto. Cercano un coltello che non c’è davanti ai compagni.
Padre e madre della vittima dell’umiliazione gratuita sono immigrati di origine marocchina.
CERISANO (Cosenza) Un bambino di undici anni perquisito dai carabinieri davanti agli sguardi attoniti dei compagni di classe. Perquisito sì, nel timore –rivelatosi poi infondato – che avesse con sé un coltello. E’ accaduto una ventina di giorni addietro in una scuola media di Cerisano, piccolo e ordinato centro delle Serre cosentine. Il bimbo in questione è di origine marocchina. I suoi genitori vivono da circa un anno in Calabria: gente onesta, perfettamente integrata nella comunità del posto. Ciò nonostante, però, il pregiudizio è sempre in agguato dietro l’angolo. Che il ragazzino avesse l’abitudine di andare a scuola armato, non poteva definirsi neanche un sospetto. Non c’erano denunce, né timori più o meno fondati al riguardo: solo chiacchiere di paese, alimentate da qualche genitore – uno in particolare – che aveva esternato i propri dubbi a un carabiniere della locale stazione. Colpa, forse, di un litigio che, alcuni giorni prima, sua figlia aveva avuto con il bimbo marocchino. Lei lo aveva colpito con la scatola dei pastelli, lui aveva risposto con un calcione: uno screzio tra ragazzini, insomma, diventato poi però un affare ben più serio al punto da scomodare l’intervento della forza pubblica. L’incidente dei pastelli – nel racconto dei protagonisti – era stato, infatti, condito da particolari inventati.
Qualcuno aveva pronunciato la parola “coltello”, la bambina aveva annuito: è stata quella l’anticamera del clamoroso abbaglio andato in scena tre settimane fa. Quel giorno, la vicepreside dell’istituto (la preside era assente, ndr) si è presentata nella classe frequentata dal bambino extracomunitario e, spalleggiata dagli uomini in divisa, ha imposto all’alunno marocchino di svuotare lo zainetto e le tasche dei pantaloni. Cercavano una lama, ma hanno trovato solo libri, matite e quaderni. Una figuraccia in piena regola, insomma. E un’umiliazione gratuita inflitta al piccolo protagonista di questa vicenda, trattato suo malgrado come un pregiudicato in erba davanti agli occhi di tanti, troppi testimoni. Sarebbe bastata un po’ di discrezione in più, infatti, la stessa che, un po’ tutti, nei giorni a venire, hanno sfoderato per tenere nascosti i dettagli di questa storia. Dicevamo: pregiudizi, ma anche buonsenso. Forse, in questa vicenda, è mancato proprio quello. è sacrosanto, infatti, mantenere alta la guardia contro la piaga delle armi nelle scuole: un allarme più americano che europeo secondo le cronache, ma tant’è: a Philadelphia come a Cerisano, meglio non dare nulla per scontato in casi del genere. Tutt’altra cosa, però, è costringere un bambino a subire una perquisizione tra i banchi di scuola. Sarebbe bastato convocarlo nell’ufficio della vicepreside, anche in presenza dei carabinieri, perché no: dato che ormai si dà per scontato che l’autorità del maestro non sia più sufficiente a tenere buoni gli alunni e che, in casi del genere, sia necessario addirittura, l’intervento degli uomini in divisa. Ma questa è un’altra storia…
L'Ora della Calabria - 07/04/2014.
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Re: Bambino marocchino perquisito in classe
siamo all'assurdo.
Spero che i genitori querelino questa gentaglia di M E R * *.
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Re: Bambino marocchino perquisito in classe
non penso siano impazziti
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Re: Bambino marocchino perquisito in classe
io invece penso proprio di si, non mi meravigliaalways fan ha scritto:non penso siano impazziti
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Re: Bambino marocchino perquisito in classe
cioè ma i carabinieri hanno perquisito un ragazzino così senza un minimo di prove/sospetti fondati?
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Re: Bambino marocchino perquisito in classe
Leggendo l'articolo, bisogna vedere cosa la ragazzina ha detto al padre e cosa quest'ultimo ha detto ai carabinieri.Rey86 ha scritto:cioè ma i carabinieri hanno perquisito un ragazzino così senza un minimo di prove/sospetti fondati?
In ogni caso, spero che la preside dell'Istituto emetta un comunicato per fare chiarezza sull'episodio.
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Re: Bambino marocchino perquisito in classe
Ho avuto pure io 11 anni, e ti assicuro che dove abitavo io di undicenni armati e pericolosi c'è ne stavano; non tanti ma quei pochi erano pericolosi. E non sono mai mancati episodi pericolosi ( ti parlo dei primissimi anni 80) che oggi si chiama bullismo. Non sottovalutare mai queste cose, forse si poteva intervenire diversamente,ma bisogna capire realmente le cose prima di giudicare.Stella ha scritto:io invece penso proprio di si, non mi meravigliaalways fan ha scritto:non penso siano impazziti
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Re: Bambino marocchino perquisito in classe
Poi non capisco perché dovete rimarcare che era marocchino(?) un bambino di 11 anni. (punto)
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Re: Bambino marocchino perquisito in classe
Perchè se non fosse stato marocchino non sarebbero mai intervenuti come hanno fatto, è una cosa che fa schifo, ma questa è....always fan ha scritto:Poi non capisco perché dovete rimarcare che era marocchino(?) un bambino di 11 anni. (punto)
"Proprio per queste origini, il popolo bruzio viene descritto come un popolo di guerrieri, rude e bellicoso. La storia ce li tramanda come un popolo che ha fatto della sua potenza bellica e della voglia di indipendenza e libertà la sua grandezza."
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Re: Bambino marocchino perquisito in classe
always fan ha scritto:Ho avuto pure io 11 anni, e ti assicuro che dove abitavo io di undicenni armati e pericolosi c'è ne stavano; non tanti ma quei pochi erano pericolosi. E non sono mai mancati episodi pericolosi ( ti parlo dei primissimi anni 80) che oggi si chiama bullismo. Non sottovalutare mai queste cose, forse si poteva intervenire diversamente,ma bisogna capire realmente le cose prima di giudicare.Stella ha scritto:io invece penso proprio di si, non mi meravigliaalways fan ha scritto:non penso siano impazziti
Ma questi tuoi compagni pericolosi sono mai stati perquisiti? E questo dovrebbe rispondere anche alla domanda del tuo post successivo
Lode a te
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Re: Bambino marocchino perquisito in classe
Giovà il ragazzo in questione è stato perquisito solo perché di altra nazionalità.always fan ha scritto:Ho avuto pure io 11 anni, e ti assicuro che dove abitavo io di undicenni armati e pericolosi c'è ne stavano; non tanti ma quei pochi erano pericolosi. E non sono mai mancati episodi pericolosi ( ti parlo dei primissimi anni 80) che oggi si chiama bullismo. Non sottovalutare mai queste cose, forse si poteva intervenire diversamente,ma bisogna capire realmente le cose prima di giudicare.Stella ha scritto:io invece penso proprio di si, non mi meravigliaalways fan ha scritto:non penso siano impazziti
Se fosse stato italiano non veniva perquisito:
1) perché gli italiani sono tutti santi scesi in terra
2) perché soprattutto a Cs (e dintorni), si fossaru spagnati
3) gli anni '80, ti ricordo che erano anni "particolari"(almeno a Cetraro, ma penso anche a Cs), non paragonabili ad oggi...all'epoca in molti erano armati
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Re: Bambino marocchino perquisito in classe
cose che succedono quando si "interrogano" i bambini senza un minimo di preparazione e discernimento. le cronache sono piene di episodi di psicosi figlia di bambini che non resistono alle pressioni e dicono ai genitori quello che vogliono (anche se non vorrebbero mai) sentirsi dire.
"L'asilo degli orrori di Rignano" dovrebbe insegnare qualcosa. Gente normale, educatrici, bidelli dell'asilo e benzinai, accusata di essersi riunita per praticare atti di pedofilia, satanismo e rock'n'roll, perché ad un certo punto i bambini si sono messi a raccontare l'inverosimile (ma non di loro iniziativa...).
S'è visto com'è finita.
"L'asilo degli orrori di Rignano" dovrebbe insegnare qualcosa. Gente normale, educatrici, bidelli dell'asilo e benzinai, accusata di essersi riunita per praticare atti di pedofilia, satanismo e rock'n'roll, perché ad un certo punto i bambini si sono messi a raccontare l'inverosimile (ma non di loro iniziativa...).
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Re: Bambino marocchino perquisito in classe
Non c'è stata mai una "denuncia" da parte di nessuno, e comunque venivamo perquisiti diverse volte nel quartiere; ci mettevano in fila e ci perquisivano e ci facevano svuotare le tasche.abba ha scritto:
Ma questi tuoi compagni pericolosi sono mai stati perquisiti? E questo dovrebbe rispondere anche alla domanda del tuo post successivo
Un giorno un coltello finì sulle spalle di un amico, giusto per dirti. per fortuna è andata bene.
Non sappiamo come sono andati i fatti ma le mani addosso li possono mettere solo le forze dell'ordine, il preside e i docenti non possono farlo.
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Re: Bambino marocchino perquisito in classe
io ti posso fare gli esempi di quegli anni, oggi se gira la voce che un compagnetto di mio figlio va in aula con un coltello mi preoccupo e non poco, e chiederei provvedimenti urgenti e subito. Ma scherziamo?Stella ha scritto: Giovà il ragazzo in questione è stato perquisito solo perché di altra nazionalità.
Se fosse stato italiano non veniva perquisito:
1) perché gli italiani sono tutti santi scesi in terra
2) perché soprattutto a Cs (e dintorni), si fossaru spagnati
3) gli anni '80, ti ricordo che erano anni "particolari"(almeno a Cetraro, ma penso anche a Cs), non paragonabili ad oggi...all'epoca in molti erano armati
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Re: Bambino marocchino perquisito in classe
Cerisano si scusa col piccolo Samsa. Il sindaco: «Fatto increscioso».
Il bimbo marocchino era stato perquisito a scuola dai carabinieri 20 giorni fa.
Ma la dirigente delle Elementari precisa: «È stato solo un controllo Altrimenti avremmo garantito la privacy».
CERISANO (Cosenza) Sono le 19.30 quando Aziz Toomi torna a Cerisano in autobus dopo una giornata di duro lavoro a Rende. È lei la mamma di Samsa, il bambino di 11 anni perquisito a scuola dai carabinieri sotto gli occhi della vicepreside e dei compagni di classe.
Accadeva venti giorni fa: i militari cercavano un coltello, ma hanno trovato solo penne e matite. Il perché andassero a caccia di un’arma proprio nello zainetto del bimbo marocchino è presto detto: nessun sospetto al riguardo, nessuna denuncia, solo un venticello. Lo stesso che ha fatto arrabbiare tantissimo Aziz, anche se per lei, ormai, è acqua passata. «Tutti mi hanno chiesto scusa – spiega con calma olimpica E io perdono tutti».
Che poi non è del tutto vero: l’unico a scusarsi pubblicamente con lei, per ora è stato il sindaco del paese Salvatore Mancina. «Un fatto increscioso che ci tocca nel profondo e ci indigna – ha commentato il primo cittadino Prendiamo le distanze da come è stata gestita tutta questa brutta vicenda. È inammissibile che la nostra comunità, che ha fatto da tempo dell'accoglienza uno dei suoi elementi peculiari, possa essere messa all'indice per atteggiamenti di intolleranza razziale».
E a proposito di Aziz e della sua famiglia aggiunge: «Sono persone oneste e perbene». Samsa è in Italia da poco meno di un anno. Secondo di tre fratelli, ha raggiunto la mamma che, invece, dimora in provincia di Cosenza da quasi un lustro.
«Lavoro come badante, prima di Cerisano vivevo a San Giovanni in Fiore». Suo marito, ambulante di professione, continua a fare la spola tra la Calabria e il Marocco. Persone umili, ma dignitose. Aziz e Samsa: intuiamo che siano questi i loro nomi, dato che l’italiano della donna non è proprio dei migliori. Il giorno della perquisizione, lo ricorda benissimo. «Mio figlio è tornato a casa e mi ha detto che in classe c’erano stati i carabinieri. E che lui aveva avuto tanta paura».
«Ma non li avevamo chiamati noi» precisa un compagnuccio di Samsa, incontrato per caso in sella alla sua bicicletta. «Anche noi abbiamo avuto paura», aggiunge il piccolo, confermando un po’ i sospetti del sindaco a proposito di una storia gestita malissimo. Tutto era cominciato con la segnalazione di un genitore, preoccupato per le voci che rimbalzavano a proposito di un bimbo manesco che andava a scuola armato di coltellino.
Pierluigi Iaconetti aveva esternato i propri timori ai carabinieri, ma non immaginava la piega che gli eventi avrebbero preso di lì a poco. «Il fratellino più piccolo di Samsa gioca con i miei figli» precisa l’uomo, allontanando da sé ogni ombra di razzismo. Una reazione analoga a quella dei dirigenti della scuola frequentata da Samsa, che però di perquisizione non vogliono proprio sentir parlare. «Le forze dell’Ordine sono intervenute per un controllo dichiara la dirigente dell’istituto in una lunga nota qualora si fosse trattato di una perquisizione avremmo adottato tutte le misure atte a garantire la riservatezza di ciascuno». Sarà. Di certo c’è che sarebbe bastato farlo altrove quel “controllo”, magari lontano dagli occhi dei compagni di classe, senza infliggere una mortificazione gratuita a un bambino. Bambino problematico Samsa. Qualcuno lo definisce «aggressivo». «Ma non è vero» nega sua madre, corroborata da don Vivien, il prete congolese che da due anni “regge” la parrocchia cerisanese. «Non hanno bisogno di pubblicità – chiosa don Vivien – ma di aiuti concreti». Sono le 19.30 quando Aziz Toomi torna a Cerisano. Le fatiche quotidiane non le hanno tolto il sorriso e la spontaneità. «Andiamo avanti». Anche domani, per lei, sarà una giornata di duro lavoro.
L'Ora della Calabria - 08/04/2014.
Il bimbo marocchino era stato perquisito a scuola dai carabinieri 20 giorni fa.
Ma la dirigente delle Elementari precisa: «È stato solo un controllo Altrimenti avremmo garantito la privacy».
CERISANO (Cosenza) Sono le 19.30 quando Aziz Toomi torna a Cerisano in autobus dopo una giornata di duro lavoro a Rende. È lei la mamma di Samsa, il bambino di 11 anni perquisito a scuola dai carabinieri sotto gli occhi della vicepreside e dei compagni di classe.
Accadeva venti giorni fa: i militari cercavano un coltello, ma hanno trovato solo penne e matite. Il perché andassero a caccia di un’arma proprio nello zainetto del bimbo marocchino è presto detto: nessun sospetto al riguardo, nessuna denuncia, solo un venticello. Lo stesso che ha fatto arrabbiare tantissimo Aziz, anche se per lei, ormai, è acqua passata. «Tutti mi hanno chiesto scusa – spiega con calma olimpica E io perdono tutti».
Che poi non è del tutto vero: l’unico a scusarsi pubblicamente con lei, per ora è stato il sindaco del paese Salvatore Mancina. «Un fatto increscioso che ci tocca nel profondo e ci indigna – ha commentato il primo cittadino Prendiamo le distanze da come è stata gestita tutta questa brutta vicenda. È inammissibile che la nostra comunità, che ha fatto da tempo dell'accoglienza uno dei suoi elementi peculiari, possa essere messa all'indice per atteggiamenti di intolleranza razziale».
E a proposito di Aziz e della sua famiglia aggiunge: «Sono persone oneste e perbene». Samsa è in Italia da poco meno di un anno. Secondo di tre fratelli, ha raggiunto la mamma che, invece, dimora in provincia di Cosenza da quasi un lustro.
«Lavoro come badante, prima di Cerisano vivevo a San Giovanni in Fiore». Suo marito, ambulante di professione, continua a fare la spola tra la Calabria e il Marocco. Persone umili, ma dignitose. Aziz e Samsa: intuiamo che siano questi i loro nomi, dato che l’italiano della donna non è proprio dei migliori. Il giorno della perquisizione, lo ricorda benissimo. «Mio figlio è tornato a casa e mi ha detto che in classe c’erano stati i carabinieri. E che lui aveva avuto tanta paura».
«Ma non li avevamo chiamati noi» precisa un compagnuccio di Samsa, incontrato per caso in sella alla sua bicicletta. «Anche noi abbiamo avuto paura», aggiunge il piccolo, confermando un po’ i sospetti del sindaco a proposito di una storia gestita malissimo. Tutto era cominciato con la segnalazione di un genitore, preoccupato per le voci che rimbalzavano a proposito di un bimbo manesco che andava a scuola armato di coltellino.
Pierluigi Iaconetti aveva esternato i propri timori ai carabinieri, ma non immaginava la piega che gli eventi avrebbero preso di lì a poco. «Il fratellino più piccolo di Samsa gioca con i miei figli» precisa l’uomo, allontanando da sé ogni ombra di razzismo. Una reazione analoga a quella dei dirigenti della scuola frequentata da Samsa, che però di perquisizione non vogliono proprio sentir parlare. «Le forze dell’Ordine sono intervenute per un controllo dichiara la dirigente dell’istituto in una lunga nota qualora si fosse trattato di una perquisizione avremmo adottato tutte le misure atte a garantire la riservatezza di ciascuno». Sarà. Di certo c’è che sarebbe bastato farlo altrove quel “controllo”, magari lontano dagli occhi dei compagni di classe, senza infliggere una mortificazione gratuita a un bambino. Bambino problematico Samsa. Qualcuno lo definisce «aggressivo». «Ma non è vero» nega sua madre, corroborata da don Vivien, il prete congolese che da due anni “regge” la parrocchia cerisanese. «Non hanno bisogno di pubblicità – chiosa don Vivien – ma di aiuti concreti». Sono le 19.30 quando Aziz Toomi torna a Cerisano. Le fatiche quotidiane non le hanno tolto il sorriso e la spontaneità. «Andiamo avanti». Anche domani, per lei, sarà una giornata di duro lavoro.
L'Ora della Calabria - 08/04/2014.
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