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Perchè ci sono determinate categorie intoccabili. Le forze dell'ordine sono una di queste categorie.
Una mia personalissima classifica (in ordine di importanza) per il nostro paese è:
1. Vaticano;
2. FIAT;
3. Forze dell'ordine.
Stefano Cucchi, la Procura di Roma: “Subì un violentissimo pestaggio”. Chiesta nuova perizia medico legale.
Il procuratore Giuseppe Pignatone e il sostituto Giovanni Musarò, in un documento di 50 pagine chiedono al gip di disporre lo svolgimento di un nuovo incidente probatorio.
Fu un “violentissimo pestaggio” quello a cui fu sottoposto Stefano Cucchi nella notte tra il 15 e il 16 ottobre 2009 dai Carabinieri del comando stazione Appia. A scriverlo sono il procuratore Giuseppe Pignatone e il sostituto Giovanni Musarò, in un documento di 50 pagine nel quale chiedono al gip una nuova perizia medico legale sulle lesioni subite da Cucchi.
La richiesta della perizia in sede d’incidente probatorio (il cui esito avrebbe valore di prova in un eventuale processo) è basata sulle risultanze di una relazione, consegnata a settembre, del radiologo Carlo Masciocchi, che nelle radiografie ha trovato una frattura lombare recente sul corpo di Cucchi. Per gli inquirenti questo elemento di novità “rende necessaria una rivalutazione dell’intero quadro di lesività anche ai fini della sussistenza o meno di un nesso di causalità tra le lesioni patite da Stefano Cucchi a seguito del pestaggio, e l’evento morte”.
A pochi giorni dall’appuntamento con la Cassazione, previsto per il 15 dicembre, che valuterà la legittimità della sentenza del 31 ottobre 2014 con cui la Corte d’Assise d’appello di Roma assolse tutti gli imputati, si apre quindi un nuovo capitolo nelle indagini sulla morte del 32enne geometra romano deceduto il 22 ottobre 2009 all’ospedale Sandro Pertini, una settimana dopo il suo arresto per droga.
Appena due mesi fa l’indagine medica indipendente realizzata dall’associazione Medici per i diritti umani (Medu) aveva ricostruito le violenze subite da Cucchi, descrivendole come “un vero e proprio caso di tortura“. Dalla ricostruzione fatta era emersa l’alta probabilità che l’aggressione avesse “avuto luogo nel periodo intercorso tra la fine della perquisizione domiciliare e la chiamata al 118 da parte dei carabinieri”: un periodo di tempo che va dalle 2 di notte (orario dell’inizio della perquisizione) alle 4.30 del mattino. Non solo: il rapporto del Medu aveva ipotizzato una seconda aggressione fisica avvenuta “prima dell’udienza di convalida”.
Nell’inchiesta sono indagati cinque carabinieri della stazione Roma Appia: si tratta di Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro, Francesco Tedesco (tutti per lesioni personali aggravate e abuso d’autorità),Vincenzo Nicolardi e Roberto Mandolini (per falsa testimonianza e, il solo Nicolardi anche di false informazioni al pm). In particolare ai primi tre si contesta, dopo avere proceduto all’arresto e dopo aver eseguito una perquisizione domiciliare, di avergli provocato “lesioni personali, con frattura della quarta vertebra sacrale e della terza vertebra lombare”, “spingendolo e colpendolo con schiaffi e calc* e facendolo violentemente cadere in terra”.
Secondo la ricostruzione fatta dal magistrato una volta nella caserma Casilina “fu scientificamente orchestrata una strategia finalizzata a ostacolare l’esatta ricostruzione dei fatti e l’identificazione dei responsabili” in modo tale da allontanare ogni sospetto dai carabinieri coinvolti. In particolare nella versione decisa dalle forze dell’ordine fu omessa la presenza “dei carabinieri Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo nella fase dell’arresto”.
Stefano Cucchi, “lo hai raccontato tu che avete picchiato quel drogato di M E R * *”.
A parlare con toni sempre più concitati sono due ex coniugi. Ad ascoltarli e registrarli gli investigatori della Squadra Mobile di Roma. L'uomo è Raffaele D’Alessandro uno dei carabinieri indagati per il pestaggio che subì, secondo gli inquirenti, il geometra trentunenne arrestato il 15 ottobre 2009 e morto dopo una settimana all'ospedale Pertini.
C’è un nuovo tassello che si aggiunge al mosaico che la Procura di Roma sta cercando di costruire per mostrare e stabilire, finalmente, come e perché morì Stefano Cucchi. È un audio ed è una lite al telefono finita agli atti della nuova inchiesta. A parlare con toni sempre più concitati sono due ex coniugi, ad ascoltarli e registrarli gli investigatori della Squadra Mobile di Roma. L’uomo è Raffaele D’Alessandro uno dei carabinieri indagati per il pestaggio che subì, secondo gli inquirenti, il geometra trentunenne arrestato il 15 ottobre 2009 e morto dopo una settimana all’ospedale Pertini. La donna è l’ex moglie Anna Carino, che già a verbale con i pm aveva raccontato che il militare le aveva riferito delle violenze subite dal geometra romano fermato per possesso di sostanze stupefacenti.
L’audio tra un carabiniere indagato e l’ex moglie
“… Lo hai raccontato tu della perquisizione, hai raccontato di quanto vi eravate divertiti a picchiare quel drogato di M E R * *. Ma lo sai a quante persone lo hai raccontato? Sei tu che lo raccontavi” afferma la donna interrotta più volte dall’ex come si sente nell’audio pubblicato dal sito del Corriere della Sera.
È il 26 settembre. La conversazione si fa sempre più accesa fino a quanto la donna pronuncia la frase che fa perdere completamente il controllo al militare. I due avevano già litigato, via sms, per il mantenimento dei figli. Poi la telefonata e le urla: “Prima o poi dovrai cacciare la tua parte…cosa che fino ad adesso sta a provvede qualcun’altro! Poi ti lamenti che non li vedi per via della partita la domenica e il catechismo!!ma sii contento che fanno ste cose e so felici.. preoccupati di piu se non li vedi se t’arrestano!!”. L’uomo non ci sta e dice che non ha fatto nulla per essere arrestato, ma la donna insiste e dice come era stato lui a raccontare a tutti “di quanto vi eravate divertiti a picchiare quel drogato di M E R * *“.
L’avvocato della famiglia Cucchi: “Intercettazione agghiacciante”
D’Alessandro consapevole di essere intercettato aveva poi chiamato altre persone per raccontare la lite e sostenere che l’ex moglie diceva “alcune cose solo per istigarlo e per ottenere più soldi”. La donna, interrogata dagli inquirenti, ha confermato che l’ex marito le parlò ripetutamente dell’arresto di Cucchi e delle violenze ai suoi danni: “Mi disse che, la notte dell’arresto, Stefano Cucchi era stato pestato da lui e da altri colleghi della Stazione di Appia di cui non mi ha mai fatto il nome”.
“Un’intercettazione agghiacciante, la prova inoppugnabile del pestaggio. Un quadro probatorio non scalfibile – commenta l’avvocato della famiglia di Stefano Cucchi, Fabio Anselmo - Sono passati sei anni, è ora che tutti parlino. Sospettiamo ci siano altri filoni di indagine aperti”.
La nuova inchiesta e la sentenza della Cassazione
L’inchiesta bis sulla morte del geometra romano è nata dopo un esposto presentato dalla famiglia e alla luce di quanto scritto nelle motivazioni della sentenza dai giudici d’appello. L’attenzione degli investigatori è stata indirizzata su quanto accaduto dal momento dell’arresto e fino all’arrivo nelle celle del tribunale: i giudici d’appello avevano, infatti, sostenuto che il giovane “fu sottoposto ad una azione di percosse e “non può essere definita una ‘astratta congettura’ l’ipotesi prospettata in primo grado, secondo cui l’azione violenta sarebbe stata commessa dai carabinieri che lo hanno avuto in custodia nella fase successiva alla perquisizione domiciliare”.
Nel nuovo fascicolo sono state poi depositate le testimonianze – raccolte dall’avvocato dei Cucchi di due carabinieri che dopo le assoluzioni hanno deciso di collaborare con la procura. Oltre a una nuova perizia firmata dal professore Carlo Masciocchi, presidente della Società Italiana di Radiologia, che confermerebbe che il ragazzo venne picchiato.
I nomi di quattro carabinieri, dopo una prima iscrizione, sono stati iscritti nel registro degli indagati nell’ottobre scorso: Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro appunto, Francesco Tedesco e Vincenzo Nicolardi. Per la prima volta si è ipotizzato il reato di lesioni aggravate per i primi tre militari, che parteciparono alla perquisizione in casa Cucchi e al suo trasferimento nella caserma Appia. Nicolardi è accusato di falsa testimonianza. Stessa ipotesi di reato per la quale è iscritto da tempo l’allora vice comandante della stazione di Tor Sapienza, Roberto Mandolini. Solo il 15 dicembre scorso la Cassazione aveva stabilito un nuovo appello per cinque medici e l’assoluzione definitiva per gli agenti della polizia Penitenziaria. Ora questo nuovo colpo di scena e la prospettiva di un nuovo processo con altri imputati. Al momento sono cinque gli indagati nella nuova inchiesta, per la prima volta tutti appartenenti all’Arma.
Non ho fiducia nel sistema italiano, godrei come un matto se si scoprisse la verità. Anzi se venissero condannati i colpevoli, che la verità la sappiamo tutti ormai
Brava Ilaria! E tutti gli altri andassero al diavolo.
“Volevo farmi del male, volevo vedere le facce di coloro che si sono vantati di aver pestato mio fratello, coloro che si sono divertiti a farlo. Le facce di coloro che lo hanno ucciso. Ora questa foto è stata tolta dalla pagina. Si vergogna? Fa bene”.
Questa è la foto e questo è il commento di Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, assassinato dallo stato vestito da un gruppo di carabinieri, che ha scatenato e scatena ancora il finimondo sul web.
Ilaria Cucchi è una donna coraggiosa, una persona perbene. Il suo gesto di mostrare la foto di uno degli assassini di Stefano è estremo e apre scenari inediti. Gli attacchi violentissimi che sta ricevendo dalla stampa mainstream sono indice del fatto che ha scoperchiato una pentola bollentissima.
Hanno oltraggiato per anni le vittime e i loro familiari. E ora sono tutti lì con il dito alzato. La voglia di mandarli al diavolo è stata irresistibile.
Ma poi abbiamo letto un pezzo di Luigi Manconi.
Luigi Manconi è un uomo di legge ma è anche uno che ha fatto politica dalla parte giusta e si è sempre battuto per i diritti dei più deboli. Alla fine degli anni Novanta fu uno dei pochi che fece qualcosa di concreto per Massimino Esposito, detto Nanà, un ultrà cosentino ucciso in carcere a Lecce.
Oggi su Il Manifesto c’è una sua riflessione che va letta e condivisa perché è quello che pensiamo un po’ tutti sulle vittime di stato come Stefano Cucchi, Denis Bergamini e purtroppo tanti altri.
Non è accaduto a me che uno stretto familiare trovasse la morte in un carcere o in una caserma o in un reparto psichiatrico. Dunque, non ho mai conosciuto l’incancellabile dolore provato da Ilaria Cucchi: e da Patrizia Moretti Aldrovandi, Claudia Budroni, Lucia Uva, Caterina Mastrogiovanni, Domenica Ferrulli, Natascia Casu, Donata Bergamini, dalla moglie di Riccardo Magherini, e dalla madre e dalla sorella di Riccardo Rasman e da altre ancora…
E da parte di queste donne, nel corso di tanti anni, non una parola di vendetta, né una domanda di condanna esemplare, non una richiesta di rivalsa, né un’espressione d’odio. Tra quei familiari, paradossalmente, si ritrova una inesausta fiducia nella giustizia come in nessun’altra circostanza a me nota, nonostante tutto e tutti, e malgrado umiliazioni e frustrazioni senza fine.
Dunque, non posso e non devo — e non voglio — valutare queste ultime affermazioni della sorella di Stefano Cucchi. Non ho alcun titolo morale per giudicare, pur precisando che personalmente non avrei scritto quelle parole, ma per un motivo: quello di non aver vissuto in prima persona un tale strazio.
Se invece così fosse stato, la mia incrollabile fedeltà al garantismo e alle sue dure leggi probabilmente non mi avrebbe trattenuto dallo scrivere le parole di Ilaria Cucchi, dopo che la Procura di Roma ha definito un «violentissimo pestaggio» quello subito da Stefano.
E la si potrebbe finire qui. Ma altre due considerazioni vanno aggiunte.
Viviamo in un paese dove alcuni sindacalisti felloni e pavidi, che dicono di rappresentare le forze di polizia perché ne difendono gli esponenti più criminali, da anni oltraggiano i familiari delle vittime. E in un paese dove politici senza vergogna e senza Dio così hanno definito Stefano Cucchi: «tossicodipendente anoressico epilettico larva zombie»; e un pubblico ministero, responsabile della prima e sgangherata inchiesta sulla morte del giovane geometra, invece di perseguire i responsabili così parlava della vittima: «tossicodipendente da quando aveva 12 anni». E ora tutti questi sono lì, col ditino alzato e l’aria severa, che impartiscono lezioni di galateo a Ilaria Cucchi. E’ davvero irresistibile la voglia di mandarli, come minimo, al diavolo.
Infine, qualche settimana fa, sul Post.it, mi sono rivolto alla senatrice Roberta Pinotti, responsabile politico — per il suo ruolo di ministro della Difesa — dell’attività dell’Arma dei Carabinieri. Le ho ricordato che in una manciata di giorni si erano verificati tre episodi che vedevano coinvolti appartenenti all’Arma. Avevo precisato prudentemente che le tre vicende non erano direttamente collegate né rispondevano a una regia unitaria. Rientravano, bensì, insieme ad altri fatti non troppo dissimili, in un clima in una cultura, in una mentalità.
Questi i tre fatti: le rivelazioni a proposito della fine di Stefano Cucchi; le testimonianze contro i carabinieri per il fermo e la morte di Magherini, a Firenze; la prescrizione di quasi tutti i reati a carico dei militari che avevano trattenuto illegalmente Uva, in una caserma di Varese.
Ripeto: tre storie diverse, ma in ognuna di esse si manifestano la disponibilità all’abuso e alla violenza e una catastrofica imperizia, una rete di complicità e di vera e propria omertà all’interno di larghi settori dell’Arma, e una certa tendenza alla sudditanza psicologica da parte di ambienti della magistratura. Su tutto ciò — sul proliferare di episodi simili e sulla drammatica carenza di formazione civile e tecnica che rivelano — un intervento del ministro della Difesa sarebbe stato davvero opportuno: a tutela dei diritti dei cittadini e dei diritti della gran parte dei carabinieri perbene.
Ma, a distanza di tanti giorni, non ho avuto, come si dice, un cenno di risposta. Il che ferisce il mio amor proprio, e poco male, ma soprattutto rivela una sensibilità non particolarmente affinata per questioni non certamente marginali.
E noi siamo qui, pensosi, a discettare dello stile di Ilaria Cucchi.
La foto è stata giustamente rimossa perché ad esempio anch'io, come il carabiniere in questione, mi faccio un mazzo così in palestra ma non certo per farmi immortalare in cotal guisa - e la vergogna di cui parla Ilaria Cucchi io la proverei soprattutto se una momentanea follia mi facesse girare in spiaggia con quei drammatici slip, buoni per un porno gay.
Detto questo, la signora Cucchi ha compiuto un'azione, non so quanto ragionata e quanto invece d'impulso, che forse doveva evitare; le dispiacciono i commenti offensivi sul carabiniere e le minacce ma avrebbe dovuto aspettarseli e sapere che ci sarebbero stati nonostante tutte le sue richieste ed avvertenze.
Se lui si è sentito diffamato bene fa poi a tutelare i suoi diritti in tribunale. Lui e solo lui, per. Tutto il resto del mondo, politici in primis, dovrebbe invece evitare di dire la sua sul post di Ilaria Cucchi.
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Nube di Tempesta ha scritto:La foto è stata giustamente rimossa perché ad esempio anch'io, come il carabiniere in questione, mi faccio un mazzo così in palestra ma non certo per farmi immortalare in cotal guisa - e la vergogna di cui parla Ilaria Cucchi io la proverei soprattutto se una momentanea follia mi facesse girare in spiaggia con quei drammatici slip, buoni per un porno gay.
Detto questo, la signora Cucchi ha compiuto un'azione, non so quanto ragionata e quanto invece d'impulso, che forse doveva evitare; le dispiacciono i commenti offensivi sul carabiniere e le minacce ma avrebbe dovuto aspettarseli e sapere che ci sarebbero stati nonostante tutte le sue richieste ed avvertenze.
Se lui si è sentito diffamato bene fa poi a tutelare i suoi diritti in tribunale. Lui e solo lui, per. Tutto il resto del mondo, politici in primis, dovrebbe invece evitare di dire la sua sul post di Ilaria Cucchi.
Non è stata Ilaria Cucchi o un paparazzo ad immortalare il soggetto né a rendere pubblico lo scatto. La condivisione dell'immagine, già pubblica, serviva solo a rendere nota la sproporzione nei fusici du aggressori e aggredito
Abba, nella didascalia della foto lei ha scritto testualmente "ecco uno di quelli che hanno ucciso mio fratello". Considerando che questa persona al momento è solo indagata e per di più non per omicidio ma lesioni personali, ovvero un reatucolo da due soldi (in sostanza forse gli ha dato uno schiaffo, ancora deve essere giudicato per questo, ma nessuno di chi indaga sostiene che l'abbia ucciso lui), il problema risiede proprio in questo.
Poi penso comunque che sia un problema del carabiniere e lui è l'unico che ha il diritto di rispondere o chiedere ristoro in tribunale, danno fastidio tutti i commenti mediatici pro o contro. Non è facile immedesimarsi in una persona che ha perso un familiare in circostanze del genere.
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Nube di Tempesta ha scritto:Abba, nella didascalia della foto lei ha scritto testualmente "ecco uno di quelli che hanno ucciso mio fratello". Considerando che questa persona al momento è solo indagata e per di più non per omicidio ma lesioni personali, ovvero un reatucolo da due soldi (in sostanza forse gli ha dato uno schiaffo, ancora deve essere giudicato per questo, ma nessuno di chi indaga sostiene che l'abbia ucciso lui), il problema risiede proprio in questo.
Poi penso comunque che sia un problema del carabiniere e lui è l'unico che ha il diritto di rispondere o chiedere ristoro in tribunale, danno fastidio tutti i commenti mediatici pro o contro. Non è facile immedesimarsi in una persona che ha perso un familiare in circostanze del genere.
Intanto resta il fatto che la foto era già pubblica, non è stata Ilaria Cucchi a scattarla di nascosto, si è limitata a condividerla.
Poi magari ha usato i termini sbagliati nella didascalia, anche se c'è da dire che senza le percosse Stefano Cucchi sarebbe ancora vivo, quindi un legame di causa-effetto c'è. Non so se la legge lo riconosce o meno, ma a rigor di logica c'è. E la procura di Roma parla di violentissimo pestaggio, altro che uno schiaffo...
A questo aggiungo che il garantismo unilaterale è quanto meno fastidioso: queste stesse persone sono libere di dire e scrivere che Cucchi era un pregiudicato (falso, non hanno avuto nemmeno il tempo di processarlo, quindi era incensurato), un pericoloso spacciatore (della qual cosa non c'è prova) che è stato arrestato perché vendeva droga davanti a una scuola (ammesso e non concesso, ari nove d'a sira...). Il fatto è che questa povera famiglia, così onesta da portare di sua spontanea volontà il fumo trovato a casa del povero Stefano in commissariato, quando avrebbero potuto buttarlo nel primo cassonetto che trovavano e nessuno se ne sarebbe accorto, è da anni sotto processo. E ogni volta che fa un passo avanti verso la verità escono nuove accuse infamanti su di loro. Sarà che sta storia mi ricorda gli anni in cui i Bergamini dovevano sentirsi ripetere che il figlio era un narcos che appattava partite, ma io sta gogna mediatica sinceramente non la vedo, non nella direzione in cui la vorrebbero far vedere i carabinieri almeno. C'è una sorella dilaniata dal dolore, che ha perso insieme un fratello, un pezzo di vita e tutta la fiducia che dovremmo avere noi tutti nei confronti delle istituzioni che dovrebbero tutelarci. E se dopo anni "sbrocca", e lo sbrocco si limita alla condivisione di una foto, nessuno è nessuno per giudicare. I commenti offensivi ci sono stati, probabilmente erano scontati, ma la colpa di Ilaria Cucchi è quella di aver dato ad altri il la per offendere? Personalmente, di chi ha pestato a morte un ragazzo indifeso pensavo il peggio a prescindere dalla foto, non mi serviva nemmeno lo slippino verde per farmi una mia idea
abba ha scritto:
Intanto resta il fatto che la foto era già pubblica, non è stata Ilaria Cucchi a scattarla di nascosto, si è limitata a condividerla.
Poi magari ha usato i termini sbagliati nella didascalia,
quello è
abba ha scritto:anche se c'è da dire che senza le percosse Stefano Cucchi sarebbe ancora vivo, quindi un legame di causa-effetto c'è. Non so se la legge lo riconosce o meno,
no. quando lo fa parla di nesso di causalità e quindi di omicidio. Se l'ipotesi investigativa, per cui al momento Tedesco è solo indagato, è lesioni personali, significa che quel legame di causa-effetto non c'è.
abba ha scritto:ma a rigor di logica c'è. E la procura di Roma parla di violentissimo pestaggio, altro che uno schiaffo...
Ovviamente, perché era ridotto che se gli sparavano aveva più possibilità di cavarsela.
Pestaggio ancora da accertare da parte di chi e in quale fase precisa. Capace pure che Tedesco davvero gli ha dato solo uno schiaffo o forse manco quello, magari il pestaggio è stato opera di altri che lo avevano in custodia in un altro momento, in un'altra stanza o in un'altra fase dell'iter; tra chi lo ferma in strada e se lo porta, chi lo riceve in caserma, chi è di passaggio e poi la penitenziaria in carcere, non è ancora chiaro nulla.
abba ha scritto:A questo aggiungo che il garantismo unilaterale è quanto meno fastidioso: queste stesse persone sono libere di dire e scrivere che Cucchi era un pregiudicato (falso, non hanno avuto nemmeno il tempo di processarlo, quindi era incensurato), un pericoloso spacciatore (della qual cosa non c'è prova) che è stato arrestato perché vendeva droga davanti a una scuola (ammesso e non concesso, ari nove d'a sira...).
Infatti è fastidiosa la cagnara
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