Ho voluto attendere qualche giorno prima di iscrivermi (temporaneamente) al Vostro portale al fine di far avvertire alla tifoseria del Cosenza la mia personale vicinanza per la prematura scomparsa di Gigi Marulla.
In realtà, l’esperienza insegna come sia facile esprimere solidarietà nella immediatezza d’una circostanza tragica, e, per converso, come sia complicato onorare la memoria di un calciatore, e prima ancora di un uomo, quando ore, giorni, settimane trascorrono dalla sua scomparsa.
Non mi dilungherò in omelie, anche perché tutte le parole utilizzate potrebbero essere avvertite come vuota ed inutile retorica. Mi limito a sottolineare che, per un uomo come me, che segue il calcio da 45 anni, Marulla rappresentava la “bandiera” d’una squadra, forse d’un’ intera città, ed è per questo paragonabile ad illustri fuoriclasse del passato, più o meno recente (Riva per il Cagliari, Sandro Mazzola e Facchetti per l’Inter, Gianni Rivera e Franco Baresi per il Milan, Antognoni per la Fiorentina, e così via).
Già… le “bandiere”… una “merce” sempre più rara nell’attuale mondo pallonaro, in cui i calciatori, spesso legati a filo doppio con avidi Procuratori, antepongono i guadagni all’amore per le tifoserie che li adottano.
Marulla, appunto, non era così. Basti pensare al rifiuto di trasferirsi in Serie A per continuare a giocare con la maglia dai colori rosso e blu. Credeva nei valori. Dello sport e della vita. E questi valori voleva trasmettere.
Ecco … fra essi, indubbiamente, c’è la rivalità, la quale infiamma gli animi, degli sportivi e dei loro tifosi, consentendo di avere una “marcia in più” per giungere all’obiettivo, vale a dire alla vittoria o, quanto meno, ad un risultato di prestigio.
La rivalità stessa, però, MAI deve trasformarsi in violenza (che, invece, è un disvalore). Non credo proprio che Gigi insegnasse ai suoi ragazzi ad essere violenti… Un attaccante può sgomitare per crearsi lo spazio, ma non malmenare l’avversario, così come una tifoseria può “sfotticchiare” quella avversa, ma mantenendosi nell’ambito della civiltà.
E allora… una volta per tutte: trasformiamo i “derbies” fra Cosenza e Catanzaro in feste dello sport, condite, appunto, da rivalità che, sugli spalti, può anche trasformarsi in cori e/o striscioni dal contenuto ironico e sarcastico, ancorché di reciproco rispetto. Isoliamo i beceri che attendono quella partita per sfogare le loro bieche frustrazioni.
So bene che un gemellaggio rappresenta una mera utopia… e, in ogni caso non potrei domandarlo perché mi sto esprimendo a titolo personale e non sono (né sono mai stato) un “ultras”. Il reciproco rispetto, però, può non essere una chimera.
Che Gigi non sia morto invano…
Un abbraccio da Catanzaro.
Un saluto da Catanzaro...
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Re: Un saluto da Catanzaro...
Un.saluto.da.CZ ha scritto:Ho voluto attendere qualche giorno prima di iscrivermi (temporaneamente) al Vostro portale al fine di far avvertire alla tifoseria del Cosenza la mia personale vicinanza per la prematura scomparsa di Gigi Marulla.
In realtà, l’esperienza insegna come sia facile esprimere solidarietà nella immediatezza d’una circostanza tragica, e, per converso, come sia complicato onorare la memoria di un calciatore, e prima ancora di un uomo, quando ore, giorni, settimane trascorrono dalla sua scomparsa.
Non mi dilungherò in omelie, anche perché tutte le parole utilizzate potrebbero essere avvertite come vuota ed inutile retorica. Mi limito a sottolineare che, per un uomo come me, che segue il calcio da 45 anni, Marulla rappresentava la “bandiera” d’una squadra, forse d’un’ intera città, ed è per questo paragonabile ad illustri fuoriclasse del passato, più o meno recente (Riva per il Cagliari, Sandro Mazzola e Facchetti per l’Inter, Gianni Rivera e Franco Baresi per il Milan, Antognoni per la Fiorentina, e così via).
Già… le “bandiere”… una “merce” sempre più rara nell’attuale mondo pallonaro, in cui i calciatori, spesso legati a filo doppio con avidi Procuratori, antepongono i guadagni all’amore per le tifoserie che li adottano.
Marulla, appunto, non era così. Basti pensare al rifiuto di trasferirsi in Serie A per continuare a giocare con la maglia dai colori rosso e blu. Credeva nei valori. Dello sport e della vita. E questi valori voleva trasmettere.
Ecco … fra essi, indubbiamente, c’è la rivalità, la quale infiamma gli animi, degli sportivi e dei loro tifosi, consentendo di avere una “marcia in più” per giungere all’obiettivo, vale a dire alla vittoria o, quanto meno, ad un risultato di prestigio.
La rivalità stessa, però, MAI deve trasformarsi in violenza (che, invece, è un disvalore). Non credo proprio che Gigi insegnasse ai suoi ragazzi ad essere violenti… Un attaccante può sgomitare per crearsi lo spazio, ma non malmenare l’avversario, così come una tifoseria può “sfotticchiare” quella avversa, ma mantenendosi nell’ambito della civiltà.
E allora… una volta per tutte: trasformiamo i “derbies” fra Cosenza e Catanzaro in feste dello sport, condite, appunto, da rivalità che, sugli spalti, può anche trasformarsi in cori e/o striscioni dal contenuto ironico e sarcastico, ancorché di reciproco rispetto. Isoliamo i beceri che attendono quella partita per sfogare le loro bieche frustrazioni.
So bene che un gemellaggio rappresenta una mera utopia… e, in ogni caso non potrei domandarlo perché mi sto esprimendo a titolo personale e non sono (né sono mai stato) un “ultras”. Il reciproco rispetto, però, può non essere una chimera.
Che Gigi non sia morto invano…
Un abbraccio da Catanzaro.