VERITA' PER DENIS!
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Re: VERITA' PER DENIS!
Denis Bergamini - Intervista dopo Cosenza-Campobasso=2-0 24/4/1988
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Re: VERITA' PER DENIS!
IL QUOTIDIANO DEL SUD di oggi 29 gennaio 2015
Accolta l'opposizione.
"Il Gip può disporre nuove indagini o il processo per il camionista e l'ex fidanzata.
Il 23 febbraio l'udienza decisiva dopo la richiesta di archiviazione della Procura"
Accolta l'opposizione.
"Il Gip può disporre nuove indagini o il processo per il camionista e l'ex fidanzata.
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Re: VERITA' PER DENIS!
ormai ci siamo invertitirebelde ha scritto:IL QUOTIDIANO DEL SUD di oggi 29 gennaio 2015
Accolta l'opposizione.
"Il Gip può disporre nuove indagini o il processo per il camionista e l'ex fidanzata.
Il 23 febbraio l'udienza decisiva dopo la richiesta di archiviazione della Procura"
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Re: VERITA' PER DENIS!
Dimmi quando devo andare a vendere adesivi e spillette allo stadioabba ha scritto:ormai ci siamo invertiti
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Re: VERITA' PER DENIS!
il 15 a cozzolandiarebelde ha scritto:Dimmi quando devo andare a vendere adesivi e spillette allo stadioabba ha scritto:ormai ci siamo invertiti
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Re: VERITA' PER DENIS!
Articolo molto forte di Carchidi, uscito lunedì scorso sulla Provincia.
Delitto Bergamini, gli indizi contro il “cugino”.
In una delle intercettazioni, Isabella gli dice: “Oi Pi’, tu c’eri proprio, quindi...”. E a Tiziana: “Se lo sanno, lo ammazzano”.
Nel pomeriggio di lunedì 20 novembre 1989 diecimila persone partecipano ai funerali di Denis Bergamini nella chiesa della MARONNA di Loreto. Isabella Internò, l’ex fidanzata del calciatore, unica testimone dell’omicidio, destinataria di un avviso di garanzia con l’ipotesi di reato di concorso in omicidio, è presente ed è accompagnata da due cugini.
Si tratta principalmente di Alfredo Internò, detto Pippo o Dino, aspirante guardia giurata (lo diventerà successivamente all’omicidio di Bergamini), cugino di primo grado di Isabella, che in pratica la “scorta” in ogni momento della celebrazione.
Dino Pippo Internò, che ha studiato all’Istituto Agrario, non brilla certo per savoir faire e istruzione. Quando parla sembra che grugnisca e si distingue soprattutto per un atteggiamento “malandrino” provocato quasi certamente da qualche frequentazione con elementi (non certo di primo livello) dell’ambiente malavitoso cosentino. In poche parole, uno che ha le scarpe grosse come i “tamarri” ma non certo il cervello fino come recita il vecchio adagio.
L’altro è il marito della cugina, che crede di mimetizzarsi con un paio di occhiali scuri. In realtà quegli occhiali non faranno altro che metterlo ancora di più in evidenza. Si chiama Francesco Arcuri. Il particolare colpisce molti cosentini presenti ai funerali e si sparge la voce che Isabella sia “scortata” da poliziotti in borghese per proteggerla da eventuali “malavitosi” malintenzionati ma è soltanto una leggenda urbana. A nessuno però viene in mente di chiarire chi fossero questi due “brutti ceffi”.
La sensazione che destano questi due cugini dal fare grossolano e invadente invece è una sola: evitare che Isabella possa fare qualche sciocchezza, magari parlando con qualcuno e lasciandosi scappare particolari scabrosi sull’omicidio di Bergamini. Tanto per inserire una metafora calcistica, Pippo Dino Internò sembra uno stopper che vuole impedire al centravanti (in questo caso la principessa della menzogna) di far gol ovvero di creare danni a chi ha pensato e commesso l’omicidio, del quale sono certamente a conoscenza tutti e tre.
Gli investigatori dell’epoca, dunque, non si preoccupano di chiarire l’identità di due personaggi così grotteschi e particolari.
Per fortuna, una mano decisiva ce la dà Tiziana Rota, la moglie di Maurizio Lucchetti, compagno di squadra di Denis fino alla stagione precedente, che è rimasta molto amica di Isabella Internò. A maggio del 1989 partorisce la sua prima bambina e a novembre torna a Cosenza per trovare alcuni amici e ritirare un’auto e in quell’occasione si accorda per incontrare anche Isabella.
E’ il 6 novembre 1989 ovvero dodici giorni prima della morte di Denis Bergamini. La testimonianza della moglie di Lucchetti è contenuta nella controinchiesta condotta dall’avvocato Eugenio Gallerani ed è stata pubblicata con discreto risalto in concomitanza con l’avviso di garanzia . “... Le feci vedere la bambina e bevemmo qualcosa in una pasticceria di Commenda di Rende – dichiara Tiziana Rota all’avvocato Eugenio Gallerani -. Lei mi disse che con Denis era finita e che non riusciva ad accettare la cosa, ma lui non ne voleva più sapere di lei. Isa mi disse che questa non era come le altre volte (che poi tornavano assieme), anche perchè era passato troppo tempo. In più mi disse che Denis non la voleva più: non la voleva più vedere e non voleva più sentirla. Isa mi disse: “Stavolta questo non torna, non torna”; “Stavolta l’ho perso”. Io le dissi: “Passano tanti treni, ne hai perso uno, prenderai il prossimo”. Isa rispose: “No, Tiziana, io lo voglio mio; deve essere mio. Piuttosto che sia di un’altra preferisco che muoia”. Ovviamente questa frase mi lasciò scossa ed è rimasta scolpita nella mia mente. Preciso che il discorso su Denis iniziò all’interno della pasticceria, ma per la gran parte proseguì al di fuori. Mi disse anche che i suoi non sapevano che lui l’aveva lasciata, che non poteva dirlo a suo padre per la questione dell’onore. Isa era molto agitata. A un certo punto, dalla nostra sinistra si avvicinarono due ragazzi, mi avvisò che erano i suoi cugini e mi intimò di cambiare subito discorso perchè se avessero saputo che Denis l’aveva lasciata lo avrebbero potuto ammazzare. In particolare, disse: “Tizia’, se sanno lo ammazzano”. Si fermarono un attimo, salutarono Isa, che me li presentò, le chiesero se andava tutto bene e se ne andarono. Non ricordo esattamente il loro aspetto, comunque erano due ragazzotti ben robusti e dai tratti mediterranei. Io ero esterrefatta, anche perchè non capivo cosa c’entrassero i cugini.
Isabella mi rispose: “Tizia’, tu non capisci, qui c’è l’onore, la famiglia. E’ diverso che al Nord”. Parlammo ancora di Denis, le dissi che doveva calmarsi e di lasciarlo andare, di dimenticarlo, poi ci salutammo sempre con l’idea di risentirci. Posso dire che quell’incontro mi è rimasto particolarmente impresso.
Ciò non solo per le frasi pronunciate, per l’arrivo dei cugini con la conseguente frase di Isa (“Zitta, se lo vengono a sapere, sono capaci di ammazzarlo”), ma anche perchè Isa era molto nervosa e agitata, come non l’avevo mai vista. Mi colpì anche il fatto che Isa, quando vide arrivare i cugini, si spaventò e agitò ancora di più e mi intimò di cambiare discorso”.
La lente di ingrandimento degli investigatori, quando il caso Bergamini viene riaperto, si concentra subito su questi due cugini.
Uno è sempre lui, Alfredo Internò detto Dino o Pippo, che nel frattempo ha coronato il suo sogno di fare la guardia giurata. L’altro non è più il marito della cugina ma il fratello di Pippo, tale Roberto Internò, dalle caratteristiche più o meno simili a quelle del germano.
I carabinieri del Gruppo Zeta, che curano l’attività investigativa, si preoccupano subito di intercettare le conversazioni di Isabella Internò e tra i documenti che fanno parte della grottesca richiesta di archiviazione presentata dal pavido e scadente procuratore Giacomantonio, c’è un passaggio molto interessante. E’ il 23 dicembre del 2011. Isabella è stata ascoltata da una ventina di giorni come “persona informata sui fatti”.
La Internò, in questo colloquio, riferisce a Pippo la circostanza, strappandogli soltanto, oltre ai soliti grugniti, un “così la finiscono di rompere le pal**” che dipinge il soggetto in tutta la sua dimensione picaresca. Isabella gli dicedi essere serena e cerca quasi conferme dal suo fedele scudiero: “…. Perché la verità (fa un certo effetto sentir dire questa parola dalla principessa della menzogna) è quella… Oi Pì, tu lo sai, c’eri proprio, quindi…”. Anche gli investigatori meno capaci potrebbero intuire che quel riferimento alla presenza di Dino Pippo Internò possa alludere alla scena dell’omicidio di Denis Bergamini. E ci sono più indizi, sempre nelle carte a disposizione del procuratore di Castrovillari, che vanno nella direzione giusta, ossia quella della presenza di Pippo Internò sul posto del delitto.
I carabinieri del Gruppo Zeta danno grande importanza a quel colloquio ma quelli che subentreranno a loro nell’inchiesta sottovaluteranno clamorosamente sia questo sia molti altri indizi che sono disseminati nel lavoro investigativo.
Basti pensare che non ritengono neanche utile ascoltare il bifolco di cui sopra. O meglio, lo convocano per il 18 maggio 2013 a Castrovillari ma non riescono a sentirlo perché il soggetto deve subire un intervento chirurgico a Milano. Pippo tuttavia è ben presente a una “riunione di famiglia” che si svolge a Cosenza appena due giorni prima dell’interrogatorio del cugino di Isabella.
Sono presenti, oltre a Dino Pippo Internò, anche il fratello Roberto, il marito di Isabella, il poliziotto Luciano Conte, la sorella Katia e l’onnipresente marito Gianluca Tiesi, personaggio molto influente su Isabella e sul suo consorte. Purtroppo di questa riunione non esistono intercettazioni.
Ma ce ne sono molte altre, particolarmente interessanti, delle quali ci occuperemo nei prossimi giorni.
Gabriele Carchidi - La Provincia di Cosenza - 26/01/2015.
Delitto Bergamini, gli indizi contro il “cugino”.
In una delle intercettazioni, Isabella gli dice: “Oi Pi’, tu c’eri proprio, quindi...”. E a Tiziana: “Se lo sanno, lo ammazzano”.
Nel pomeriggio di lunedì 20 novembre 1989 diecimila persone partecipano ai funerali di Denis Bergamini nella chiesa della MARONNA di Loreto. Isabella Internò, l’ex fidanzata del calciatore, unica testimone dell’omicidio, destinataria di un avviso di garanzia con l’ipotesi di reato di concorso in omicidio, è presente ed è accompagnata da due cugini.
Si tratta principalmente di Alfredo Internò, detto Pippo o Dino, aspirante guardia giurata (lo diventerà successivamente all’omicidio di Bergamini), cugino di primo grado di Isabella, che in pratica la “scorta” in ogni momento della celebrazione.
Dino Pippo Internò, che ha studiato all’Istituto Agrario, non brilla certo per savoir faire e istruzione. Quando parla sembra che grugnisca e si distingue soprattutto per un atteggiamento “malandrino” provocato quasi certamente da qualche frequentazione con elementi (non certo di primo livello) dell’ambiente malavitoso cosentino. In poche parole, uno che ha le scarpe grosse come i “tamarri” ma non certo il cervello fino come recita il vecchio adagio.
L’altro è il marito della cugina, che crede di mimetizzarsi con un paio di occhiali scuri. In realtà quegli occhiali non faranno altro che metterlo ancora di più in evidenza. Si chiama Francesco Arcuri. Il particolare colpisce molti cosentini presenti ai funerali e si sparge la voce che Isabella sia “scortata” da poliziotti in borghese per proteggerla da eventuali “malavitosi” malintenzionati ma è soltanto una leggenda urbana. A nessuno però viene in mente di chiarire chi fossero questi due “brutti ceffi”.
La sensazione che destano questi due cugini dal fare grossolano e invadente invece è una sola: evitare che Isabella possa fare qualche sciocchezza, magari parlando con qualcuno e lasciandosi scappare particolari scabrosi sull’omicidio di Bergamini. Tanto per inserire una metafora calcistica, Pippo Dino Internò sembra uno stopper che vuole impedire al centravanti (in questo caso la principessa della menzogna) di far gol ovvero di creare danni a chi ha pensato e commesso l’omicidio, del quale sono certamente a conoscenza tutti e tre.
Gli investigatori dell’epoca, dunque, non si preoccupano di chiarire l’identità di due personaggi così grotteschi e particolari.
Per fortuna, una mano decisiva ce la dà Tiziana Rota, la moglie di Maurizio Lucchetti, compagno di squadra di Denis fino alla stagione precedente, che è rimasta molto amica di Isabella Internò. A maggio del 1989 partorisce la sua prima bambina e a novembre torna a Cosenza per trovare alcuni amici e ritirare un’auto e in quell’occasione si accorda per incontrare anche Isabella.
E’ il 6 novembre 1989 ovvero dodici giorni prima della morte di Denis Bergamini. La testimonianza della moglie di Lucchetti è contenuta nella controinchiesta condotta dall’avvocato Eugenio Gallerani ed è stata pubblicata con discreto risalto in concomitanza con l’avviso di garanzia . “... Le feci vedere la bambina e bevemmo qualcosa in una pasticceria di Commenda di Rende – dichiara Tiziana Rota all’avvocato Eugenio Gallerani -. Lei mi disse che con Denis era finita e che non riusciva ad accettare la cosa, ma lui non ne voleva più sapere di lei. Isa mi disse che questa non era come le altre volte (che poi tornavano assieme), anche perchè era passato troppo tempo. In più mi disse che Denis non la voleva più: non la voleva più vedere e non voleva più sentirla. Isa mi disse: “Stavolta questo non torna, non torna”; “Stavolta l’ho perso”. Io le dissi: “Passano tanti treni, ne hai perso uno, prenderai il prossimo”. Isa rispose: “No, Tiziana, io lo voglio mio; deve essere mio. Piuttosto che sia di un’altra preferisco che muoia”. Ovviamente questa frase mi lasciò scossa ed è rimasta scolpita nella mia mente. Preciso che il discorso su Denis iniziò all’interno della pasticceria, ma per la gran parte proseguì al di fuori. Mi disse anche che i suoi non sapevano che lui l’aveva lasciata, che non poteva dirlo a suo padre per la questione dell’onore. Isa era molto agitata. A un certo punto, dalla nostra sinistra si avvicinarono due ragazzi, mi avvisò che erano i suoi cugini e mi intimò di cambiare subito discorso perchè se avessero saputo che Denis l’aveva lasciata lo avrebbero potuto ammazzare. In particolare, disse: “Tizia’, se sanno lo ammazzano”. Si fermarono un attimo, salutarono Isa, che me li presentò, le chiesero se andava tutto bene e se ne andarono. Non ricordo esattamente il loro aspetto, comunque erano due ragazzotti ben robusti e dai tratti mediterranei. Io ero esterrefatta, anche perchè non capivo cosa c’entrassero i cugini.
Isabella mi rispose: “Tizia’, tu non capisci, qui c’è l’onore, la famiglia. E’ diverso che al Nord”. Parlammo ancora di Denis, le dissi che doveva calmarsi e di lasciarlo andare, di dimenticarlo, poi ci salutammo sempre con l’idea di risentirci. Posso dire che quell’incontro mi è rimasto particolarmente impresso.
Ciò non solo per le frasi pronunciate, per l’arrivo dei cugini con la conseguente frase di Isa (“Zitta, se lo vengono a sapere, sono capaci di ammazzarlo”), ma anche perchè Isa era molto nervosa e agitata, come non l’avevo mai vista. Mi colpì anche il fatto che Isa, quando vide arrivare i cugini, si spaventò e agitò ancora di più e mi intimò di cambiare discorso”.
La lente di ingrandimento degli investigatori, quando il caso Bergamini viene riaperto, si concentra subito su questi due cugini.
Uno è sempre lui, Alfredo Internò detto Dino o Pippo, che nel frattempo ha coronato il suo sogno di fare la guardia giurata. L’altro non è più il marito della cugina ma il fratello di Pippo, tale Roberto Internò, dalle caratteristiche più o meno simili a quelle del germano.
I carabinieri del Gruppo Zeta, che curano l’attività investigativa, si preoccupano subito di intercettare le conversazioni di Isabella Internò e tra i documenti che fanno parte della grottesca richiesta di archiviazione presentata dal pavido e scadente procuratore Giacomantonio, c’è un passaggio molto interessante. E’ il 23 dicembre del 2011. Isabella è stata ascoltata da una ventina di giorni come “persona informata sui fatti”.
La Internò, in questo colloquio, riferisce a Pippo la circostanza, strappandogli soltanto, oltre ai soliti grugniti, un “così la finiscono di rompere le pal**” che dipinge il soggetto in tutta la sua dimensione picaresca. Isabella gli dicedi essere serena e cerca quasi conferme dal suo fedele scudiero: “…. Perché la verità (fa un certo effetto sentir dire questa parola dalla principessa della menzogna) è quella… Oi Pì, tu lo sai, c’eri proprio, quindi…”. Anche gli investigatori meno capaci potrebbero intuire che quel riferimento alla presenza di Dino Pippo Internò possa alludere alla scena dell’omicidio di Denis Bergamini. E ci sono più indizi, sempre nelle carte a disposizione del procuratore di Castrovillari, che vanno nella direzione giusta, ossia quella della presenza di Pippo Internò sul posto del delitto.
I carabinieri del Gruppo Zeta danno grande importanza a quel colloquio ma quelli che subentreranno a loro nell’inchiesta sottovaluteranno clamorosamente sia questo sia molti altri indizi che sono disseminati nel lavoro investigativo.
Basti pensare che non ritengono neanche utile ascoltare il bifolco di cui sopra. O meglio, lo convocano per il 18 maggio 2013 a Castrovillari ma non riescono a sentirlo perché il soggetto deve subire un intervento chirurgico a Milano. Pippo tuttavia è ben presente a una “riunione di famiglia” che si svolge a Cosenza appena due giorni prima dell’interrogatorio del cugino di Isabella.
Sono presenti, oltre a Dino Pippo Internò, anche il fratello Roberto, il marito di Isabella, il poliziotto Luciano Conte, la sorella Katia e l’onnipresente marito Gianluca Tiesi, personaggio molto influente su Isabella e sul suo consorte. Purtroppo di questa riunione non esistono intercettazioni.
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Re: VERITA' PER DENIS!
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Re: VERITA' PER DENIS!
Il servizio sul "Caso Bergamini" andato in onda ieri sera nel corso del TG1 delle ore 20. Parla la sorella Donata.
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Re: VERITA' PER DENIS!
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Re: VERITA' PER DENIS!
Omicidio Bergamini, c’è chi ha paura di arrivare alla verità.
Il Gip si riserva di decidere sull'archiviazione ma la procura di Castrovillari si oppone a una serie di esami che avrebbero potuto accertare senza dubbi il delitto.
Un muro di gomma. E’ questa la netta sensazione che si ha uscendo dal Tribunale di Castrovillari alla fine dell’udienza-fiume (quasi otto ore!) nel corso della quale i legali della famiglia di Denis Bergamini hanno motivato la loro opposizione alla richiesta di archiviazione formulata dalla procura per l’omicidio volontario del calciatore del Cosenza.
Il Gip del Tribunale di Castrovillari Annamaria Grimaldi si è riservata ogni decisione in merito ma chi ha dimestichezza con questa materia ha ben pochi dubbi sull’esito dell’udienza di ieri.
Secondo il procuratore capo della Repubblica di Castrovillari, il pavido e oscuro burocrate Franco Giacomantonio e il suo pm di fiducia Maria Grazia Anastasia, Denis Bergamini si è suicidato. Senza se e senza ma.
Non sono bastate tre perizie di medici legali di assoluto spessore (Avato, Testi e Bolino) per far cambiare idea all’illustre magistrato né tantomeno l’evidenza e la logica. Eppure era stato proprio Giacomantonio (a meno che non abbia un sosia) a riaprire il caso nel 2011 sottolineando tutti i madornali errori delle indagini dell’epoca. Così com’era stato ancora lui, nell’aprile del 2012, a dichiarare testualmente che “Bergamini non è morto tuffandosi sotto un camion”.
Ed era stato sempre lui, nel 2013 (a meno che non abbia un secondo sosia oppure, ipotesi più probabile, uno sdoppiamento di personalità), a indagare per concorso in omicidio volontario Isabella Internò ovvero colei che continua a sostenere, senza vergognarsi e senza che lui si preoccupi di smentirla, che Denis Bergamini si è suicidato. Una serie di menzogne sconfessate e smascherate in tutte le salse ma evidentemente credibili per una procura che non vuole sentire altre ragioni. Della serie: non vedo, non sento e non parlo. Esattamente come le tre scimmiette.
Ieri, in maniera del tutto irrituale rispetto alle pratiche consuete della giustizia italiana, Giacomantonio (cioè un procuratore della Repubblica) era addirittura presente nell’aula del Tribunale in una udienza nella quale si discuteva una richiesta di archiviazione, per dare manforte alle sue “ragazze” (il Gip e il pm). Probabilmente temeva la vis oratoria dei legali della famiglia Bergamini, Fabio Anselmo ed Eugenio Gallerani. Mentre era sicuramente infastidito dal viavai di telecamere, macchine fotografiche e giornalisti che ieri hanno disturbato il suo tranquillo “porto delle nebbie”.
Fabio Anselmo, sia nelle pause dell’udienza che alla fine del braccio di ferro con il pavido burocrate, gli ha assestato una serie di fendenti che devono aver fiaccato il suo precario equilibrismo a favore delle assurde tesi della “mantide” di Surdo.
Anselmo, in particolare, ha offerto alla procura di Castrovillari l’opportunità di dimostrare che al suo interno ci sono magistrati seri e credibili. “Abbiamo richiesto – ha affermato il legale – una serie di indagini immuno-isto-chimiche sui preparati in formalina dei resti di Denis Bergamini. Si tratta di esami che possono datare le lesioni subite e accertare senza possibilità di errore se i tessuti erano vitali quando il camion ha sormontato lentamente e parzialmente il corpo di Bergamini. Ma anche una Tac tridimensionale, da effettuare con la riesumazione del cadavere, che darebbe gli stessi risultati delle indagini immuno-isto-chimiche. Ebbene, pur davanti a queste eccezionali possibilità di arrivare alla verità, il pm si è opposto. E noi ci siamo rimasti decisamente male”.
L’avvocato Anselmo ha detto ai numerosi cronisti presenti in Tribunale che è stato il direttore del Dipartimento di Scienze Anatomiche, Istologiche e Medico legali de “La Sapienza” di Roma a rendersi disponibile per effettuare le indagini immuno-isto-chimiche. Per quanto concerne la Tac tridimensionale, invece, erano stati gli stessi consulenti del pm a consigliarla, senza peraltro essere ascoltati.
In sostanza, pur davanti alla prospettiva di sciogliere senza possibilità di dubbi il dilemma tra omicidio e suicidio, Giacomantonio e le sue ragazze hanno detto no. “Sinceramente – ha commentato ancora Anselmo – non riesco a comprendere le motivazioni dell’opposizione della procura perché se c’è anche una sola possibilità di arrivare alla verità, un magistrato ha il dovere di seguirla e mi sembra molto strano che un procuratore della Repubblica, che è uomo dello stato, si rifiuti di farlo. Non bisogna aver paura della verità”.
Già, il punto nodale dell’omicidio volontario di Denis Bergamini è proprio questo: non bisogna aver paura della verità. E invece in questa vicenda sono in tanti ad averne. Quelle di Fabio Anselmo sono parole pesanti come macigni che però non hanno scalfito più di tanto la maschera di gomma del pavido Giacomantonio, più che mai terrorizzato dalla prospettiva di dover sconfessare una donna così potente come Isabella Internò. Ma forse l’oscuro burocrate (ormai prossimo ai 73 anni e alla pensione) ha sottovalutato la caparbietà e la capacità di comunicazione dei legali della famiglia Bergamini.
“Se il Gip dovesse accogliere la richiesta di archiviazione – ha detto ancora l’avvocato Anselmo – continueremo in autonomia a fare gli accertamenti che abbiamo richiesto e non ci fermeremo certo qui, perché la legge italiana, per fortuna, ci dà la possibilità di perseguire altre strade per arrivare alla verità”.
L’Italia, dunque, non finisce a Castrovillari. O, per parafrasare Carlo Levi, Cristo (non) si è fermato a Castrovillari. Checchè ne dicano coloro che stanno alzando ancora una volta questo muro di gomma per difendere la credibilità di Isabella Internò e dei suoi protettori. L’avvocato Fabio Anselmo, che ha lavorato a casi nazionali di grande importanza come quelli di Stefano Cucchi e Federico Aldrovandi, ha catalizzato l’attenzione mediatica di questa singolare udienza-fiume.
Le telecamere di Raiuno e di SkySport hanno inevitabilmente fatto la parte del leone e tutti i cronisti di provincia (che notoriamente pendono dalle labbra di Isabella e di chi continua a prodigarsi per salvarle il fondoschiena) hanno potuto ascoltare l’accorata richiesta di giustizia che l’esperto legale ha esternato al mondo dei media.
Anselmo si è soffermato a lungo con i giornalisti e ha spiegato con particolare efficacia il dettaglio, non certo secondario, del sormontamento parziale e lento del corpo di Denis da parte del camion di Raffaele Pisano. Ha quasi mimato il passaggio delle ruote sull’addome del nostro calciatore, il movimento di sterzo che ha interrotto l’azione e la marcia indietro del mezzo che si è fermato. Nulla, ma proprio nulla, che possa far pensare all’impatto accidentale che gente senza scrupoli vorrebbe ancora propinarci.
Il dovere di cronaca ci impone di citare anche qualche passaggio del procuratore Giacomantonio, il quale è riuscito addirittura a dichiarare che il suo ufficio “non ha paura di nessuno” e “non fa sconti a nessuno”.
Il problema è che la procura di Castrovillari non è stata mai abitata da “cuor di leone” e men che meno adesso e la sua fama di insabbiatrice ha varcato i confini nazionali.
Il procuratore, pur non agitando la clava del suicidio, sembra quasi giustificarsi quando afferma che “è impossibile trovare elementi che individuino un colpevole”. Ma, vivaddio, nessuno gli ha chiesto di trovare un capro espiatorio. Il pavido Giacomantonio avrebbe dovuto solo avere l’umiltà di fare il suo dovere e dire con chiarezza che siamo davanti a un omicidio ma che non è possibile trovare il colpevole. La circostanza crea qualche problema a Isabella Internò? E’ evidente che è così. E allora Giacomantonio dovrebbe farsi un esame di coscienza ed evitare di lanciare proclami come quello secondo cui “non fa sconti a nessuno”.
Gli sconti oggi li sta facendo a questa donna discutibile e bugiarda, che nella migliore delle ipotesi sta coprendo un assassino.
E poi, diciamocelo francamente: nel suo delirio di onnipotenza, ribadiamo non giustificato da nessuna indagine meritoria, Giacomantonio, dietro la sua maschera di gomma, si arroga il diritto di sostituirsi al giudice terzo, che invece dovrebbe essere libero di decidere. Richiedendo l’archiviazione, il procuratore non svolge più il suo lavoro di pubblica accusa ma si sostituisce, di fatto, a chi deve prendere una decisione. E questo, lasciatecelo dire, è veramente inaccettabile.
Ci rendiamo conto, del resto, che un processo a Isabella Internò gli creerebbe un sacco di grattacapi e turberebbe le sue tranquille giornate di magistrato (quasi) in pensione. Siamo alla deriva del diritto e della giustizia. Siamo davanti a un uomo che ha paura della verità. Abbiamo chiesto all’avvocato Anselmo se Bergamini può ritenersi una vittima dello stato come Cucchi e Aldrovandi. Il legale ci ha pensato qualche secondo e ha risposto così: “Non lo so, ma se non si andasse a un processo, si potrebbe parlare certamente di negata giustizia”. Stendiamo un velo pietoso invece su quanto ha dichiarato il legale di Isabella Internò, Angelo Pugliese. Il difensore di don Alfredo Luberto, celeberrimo affossatore del “Papa Giovanni”, ha recitato fino in fondo la sua parte di uomo al servizio dei poteri forti. Complimenti per la coerenza. Ora, conoscendo la dirittura morale di persone come Giacomantonio, non ci meraviglieremmo se il pavido magistrato, per dimostrare che ha ancora gli attributi, scatenasse la sua “forza” contro i deboli di questa vicenda. E cioè coloro che hanno il coraggio di denunciare chi cerca di insabbiare la verità. Del resto, come diceva Pietro Nenni, lo stato italiano è forte con i deboli e debole con i forti.
Gabriele Carchidi - La Provincia di Cosenza del 24/02/2015.
Il Gip si riserva di decidere sull'archiviazione ma la procura di Castrovillari si oppone a una serie di esami che avrebbero potuto accertare senza dubbi il delitto.
Un muro di gomma. E’ questa la netta sensazione che si ha uscendo dal Tribunale di Castrovillari alla fine dell’udienza-fiume (quasi otto ore!) nel corso della quale i legali della famiglia di Denis Bergamini hanno motivato la loro opposizione alla richiesta di archiviazione formulata dalla procura per l’omicidio volontario del calciatore del Cosenza.
Il Gip del Tribunale di Castrovillari Annamaria Grimaldi si è riservata ogni decisione in merito ma chi ha dimestichezza con questa materia ha ben pochi dubbi sull’esito dell’udienza di ieri.
Secondo il procuratore capo della Repubblica di Castrovillari, il pavido e oscuro burocrate Franco Giacomantonio e il suo pm di fiducia Maria Grazia Anastasia, Denis Bergamini si è suicidato. Senza se e senza ma.
Non sono bastate tre perizie di medici legali di assoluto spessore (Avato, Testi e Bolino) per far cambiare idea all’illustre magistrato né tantomeno l’evidenza e la logica. Eppure era stato proprio Giacomantonio (a meno che non abbia un sosia) a riaprire il caso nel 2011 sottolineando tutti i madornali errori delle indagini dell’epoca. Così com’era stato ancora lui, nell’aprile del 2012, a dichiarare testualmente che “Bergamini non è morto tuffandosi sotto un camion”.
Ed era stato sempre lui, nel 2013 (a meno che non abbia un secondo sosia oppure, ipotesi più probabile, uno sdoppiamento di personalità), a indagare per concorso in omicidio volontario Isabella Internò ovvero colei che continua a sostenere, senza vergognarsi e senza che lui si preoccupi di smentirla, che Denis Bergamini si è suicidato. Una serie di menzogne sconfessate e smascherate in tutte le salse ma evidentemente credibili per una procura che non vuole sentire altre ragioni. Della serie: non vedo, non sento e non parlo. Esattamente come le tre scimmiette.
Ieri, in maniera del tutto irrituale rispetto alle pratiche consuete della giustizia italiana, Giacomantonio (cioè un procuratore della Repubblica) era addirittura presente nell’aula del Tribunale in una udienza nella quale si discuteva una richiesta di archiviazione, per dare manforte alle sue “ragazze” (il Gip e il pm). Probabilmente temeva la vis oratoria dei legali della famiglia Bergamini, Fabio Anselmo ed Eugenio Gallerani. Mentre era sicuramente infastidito dal viavai di telecamere, macchine fotografiche e giornalisti che ieri hanno disturbato il suo tranquillo “porto delle nebbie”.
Fabio Anselmo, sia nelle pause dell’udienza che alla fine del braccio di ferro con il pavido burocrate, gli ha assestato una serie di fendenti che devono aver fiaccato il suo precario equilibrismo a favore delle assurde tesi della “mantide” di Surdo.
Anselmo, in particolare, ha offerto alla procura di Castrovillari l’opportunità di dimostrare che al suo interno ci sono magistrati seri e credibili. “Abbiamo richiesto – ha affermato il legale – una serie di indagini immuno-isto-chimiche sui preparati in formalina dei resti di Denis Bergamini. Si tratta di esami che possono datare le lesioni subite e accertare senza possibilità di errore se i tessuti erano vitali quando il camion ha sormontato lentamente e parzialmente il corpo di Bergamini. Ma anche una Tac tridimensionale, da effettuare con la riesumazione del cadavere, che darebbe gli stessi risultati delle indagini immuno-isto-chimiche. Ebbene, pur davanti a queste eccezionali possibilità di arrivare alla verità, il pm si è opposto. E noi ci siamo rimasti decisamente male”.
L’avvocato Anselmo ha detto ai numerosi cronisti presenti in Tribunale che è stato il direttore del Dipartimento di Scienze Anatomiche, Istologiche e Medico legali de “La Sapienza” di Roma a rendersi disponibile per effettuare le indagini immuno-isto-chimiche. Per quanto concerne la Tac tridimensionale, invece, erano stati gli stessi consulenti del pm a consigliarla, senza peraltro essere ascoltati.
In sostanza, pur davanti alla prospettiva di sciogliere senza possibilità di dubbi il dilemma tra omicidio e suicidio, Giacomantonio e le sue ragazze hanno detto no. “Sinceramente – ha commentato ancora Anselmo – non riesco a comprendere le motivazioni dell’opposizione della procura perché se c’è anche una sola possibilità di arrivare alla verità, un magistrato ha il dovere di seguirla e mi sembra molto strano che un procuratore della Repubblica, che è uomo dello stato, si rifiuti di farlo. Non bisogna aver paura della verità”.
Già, il punto nodale dell’omicidio volontario di Denis Bergamini è proprio questo: non bisogna aver paura della verità. E invece in questa vicenda sono in tanti ad averne. Quelle di Fabio Anselmo sono parole pesanti come macigni che però non hanno scalfito più di tanto la maschera di gomma del pavido Giacomantonio, più che mai terrorizzato dalla prospettiva di dover sconfessare una donna così potente come Isabella Internò. Ma forse l’oscuro burocrate (ormai prossimo ai 73 anni e alla pensione) ha sottovalutato la caparbietà e la capacità di comunicazione dei legali della famiglia Bergamini.
“Se il Gip dovesse accogliere la richiesta di archiviazione – ha detto ancora l’avvocato Anselmo – continueremo in autonomia a fare gli accertamenti che abbiamo richiesto e non ci fermeremo certo qui, perché la legge italiana, per fortuna, ci dà la possibilità di perseguire altre strade per arrivare alla verità”.
L’Italia, dunque, non finisce a Castrovillari. O, per parafrasare Carlo Levi, Cristo (non) si è fermato a Castrovillari. Checchè ne dicano coloro che stanno alzando ancora una volta questo muro di gomma per difendere la credibilità di Isabella Internò e dei suoi protettori. L’avvocato Fabio Anselmo, che ha lavorato a casi nazionali di grande importanza come quelli di Stefano Cucchi e Federico Aldrovandi, ha catalizzato l’attenzione mediatica di questa singolare udienza-fiume.
Le telecamere di Raiuno e di SkySport hanno inevitabilmente fatto la parte del leone e tutti i cronisti di provincia (che notoriamente pendono dalle labbra di Isabella e di chi continua a prodigarsi per salvarle il fondoschiena) hanno potuto ascoltare l’accorata richiesta di giustizia che l’esperto legale ha esternato al mondo dei media.
Anselmo si è soffermato a lungo con i giornalisti e ha spiegato con particolare efficacia il dettaglio, non certo secondario, del sormontamento parziale e lento del corpo di Denis da parte del camion di Raffaele Pisano. Ha quasi mimato il passaggio delle ruote sull’addome del nostro calciatore, il movimento di sterzo che ha interrotto l’azione e la marcia indietro del mezzo che si è fermato. Nulla, ma proprio nulla, che possa far pensare all’impatto accidentale che gente senza scrupoli vorrebbe ancora propinarci.
Il dovere di cronaca ci impone di citare anche qualche passaggio del procuratore Giacomantonio, il quale è riuscito addirittura a dichiarare che il suo ufficio “non ha paura di nessuno” e “non fa sconti a nessuno”.
Il problema è che la procura di Castrovillari non è stata mai abitata da “cuor di leone” e men che meno adesso e la sua fama di insabbiatrice ha varcato i confini nazionali.
Il procuratore, pur non agitando la clava del suicidio, sembra quasi giustificarsi quando afferma che “è impossibile trovare elementi che individuino un colpevole”. Ma, vivaddio, nessuno gli ha chiesto di trovare un capro espiatorio. Il pavido Giacomantonio avrebbe dovuto solo avere l’umiltà di fare il suo dovere e dire con chiarezza che siamo davanti a un omicidio ma che non è possibile trovare il colpevole. La circostanza crea qualche problema a Isabella Internò? E’ evidente che è così. E allora Giacomantonio dovrebbe farsi un esame di coscienza ed evitare di lanciare proclami come quello secondo cui “non fa sconti a nessuno”.
Gli sconti oggi li sta facendo a questa donna discutibile e bugiarda, che nella migliore delle ipotesi sta coprendo un assassino.
E poi, diciamocelo francamente: nel suo delirio di onnipotenza, ribadiamo non giustificato da nessuna indagine meritoria, Giacomantonio, dietro la sua maschera di gomma, si arroga il diritto di sostituirsi al giudice terzo, che invece dovrebbe essere libero di decidere. Richiedendo l’archiviazione, il procuratore non svolge più il suo lavoro di pubblica accusa ma si sostituisce, di fatto, a chi deve prendere una decisione. E questo, lasciatecelo dire, è veramente inaccettabile.
Ci rendiamo conto, del resto, che un processo a Isabella Internò gli creerebbe un sacco di grattacapi e turberebbe le sue tranquille giornate di magistrato (quasi) in pensione. Siamo alla deriva del diritto e della giustizia. Siamo davanti a un uomo che ha paura della verità. Abbiamo chiesto all’avvocato Anselmo se Bergamini può ritenersi una vittima dello stato come Cucchi e Aldrovandi. Il legale ci ha pensato qualche secondo e ha risposto così: “Non lo so, ma se non si andasse a un processo, si potrebbe parlare certamente di negata giustizia”. Stendiamo un velo pietoso invece su quanto ha dichiarato il legale di Isabella Internò, Angelo Pugliese. Il difensore di don Alfredo Luberto, celeberrimo affossatore del “Papa Giovanni”, ha recitato fino in fondo la sua parte di uomo al servizio dei poteri forti. Complimenti per la coerenza. Ora, conoscendo la dirittura morale di persone come Giacomantonio, non ci meraviglieremmo se il pavido magistrato, per dimostrare che ha ancora gli attributi, scatenasse la sua “forza” contro i deboli di questa vicenda. E cioè coloro che hanno il coraggio di denunciare chi cerca di insabbiare la verità. Del resto, come diceva Pietro Nenni, lo stato italiano è forte con i deboli e debole con i forti.
Gabriele Carchidi - La Provincia di Cosenza del 24/02/2015.
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Re: VERITA' PER DENIS!
Denis, ora a chi l'ha visto!
GIGI MARULLA NEL CUORE!!! 28/08/2016 catanzaro - COSENZA 0-3
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Re: VERITA' PER DENIS!
Chi l'ha visto - Speciale Caso Bergamini - 4 marzo 2015
Parlano Donata Bergamini sorella di Denis e l'avv. Fabio Anselmo legale della famiglia Bergamini.
Assolutamente da vedere!
Parlano Donata Bergamini sorella di Denis e l'avv. Fabio Anselmo legale della famiglia Bergamini.
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