Padre Fedele denuncia PM e GIP del suo procedimento
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Padre Fedele denuncia PM e GIP del suo procedimento
http://www.ilquotidianoweb.it/news/cron ... a-per.html
Padre Fedele denuncia, indagati il pm e il giudice
Dopo la condanna li ha accusati di abuso d'ufficio
Procede la Procura di Salerno. Al centro della nuova inchiesta che ruota intorno alle presunte violenze subite da una suora, c'è una corposa relazione della difesa che non sarebbe stata tenuta in debita considerazione
Padre Fedele denuncia, indagati il pm e il giudice
Dopo la condanna li ha accusati di abuso d'ufficio
Padre Fedele davanti al tribunale
COSENZA - Il sostituto procuratore della Repubblica di Cosenza Claudio Curreli ed il giudice delle indagini preliminari dello stesso Tribunale Francesco Branda, sono stati iscritti nel registro degli indagati dalla Procura di Salerno dopo una denuncia presentata da padre Fedele Bisceglia, l'ex frate condannato in primo e secondo grado a 9 anni e 3 mesi per violenza sessuale ai danni di una suora . Mercoledì è prevista l'udienza a carico dell’ex frate davanti ai giudici della Corte di Cassazione. Lo stesso Padre Fedele, dopo le sentenze, aveva espresso dure critiche, sfidando anche la suora ad un confronto pubblico .
I due magistrati, secondo quanto si è appreso a Cosenza, sarebbero indagati per abuso d’ufficio. La vicenda riguarda un’indagine avviata dopo la denuncia della suora che aveva riferito di essere stata violentata anche a Roma da quattro persone. Indagine condotta dalla squadra mobile di Roma e coordinata dal pm Curreli - adesso sostituto procuratore a Pistoia - in quanto connessa a quella di padre Fedele. L’inchiesta era stata poi archiviata. A firmare l'archiviazione, secondo padre Fedele, era stato, nel 2010, Branda che, nello stesso periodo, era giudice nel collegio che stava processando in primo grado l’ex sacerdote.
Padre Fedele, che nel 2012, dopo il processo d’appello, aveva inviato il suo esposto anche al Csm, al Presidente della Repubblica ed al Ministro della Giustizia, lamentava il fatto che gli atti di quella archiviazione non erano confluiti nel processo a suo carico. La vicenda era stata oggetto anche di una memoria presentata ai giudici d’appello dai legali di padre Fedele, gli avvocati Eugenio Bisceglia e Franz Caruso.
LEGGI L'ARTICOLO SUL DOSSIER PRESENTATO DAL FRATE
«Duole ravvisare - avevano scritto i legali - che è stata disposta l’archiviazione di un procedimento aperto, comprensivo di più sottofascicoli, in chiara, evidente e dichiarata connessione a quello per cui è parola, ma mai acquisiti a quest’ultimo. D’altro canto, non ci meraviglia che ciò sia nella realtà accaduto, posto che le risultanze istruttorie esperite hanno dato tutte esito negativo, conseguendone una provata inattendibilità delle dichiarazioni della suora che palesemente ha deposto il falso». La stessa memoria è stata allegata da padre Fedele alla sua denuncia. Dell’iscrizione del magistrato e del giudice nel registro degli indagati è stata formalmente informata anche la Cassazione.
martedì 16 settembre 2014 13:19
Ecco le tesi del dossier presentato da Padre Fedele
e al centro dell'inchiesta sui giudici
Secondo quanto ricostruito dai legali del frate, la suora non sarebbe credibile
di ROBERTO GRANDINETTI
Ecco le tesi del dossier presentato da Padre Fedele
e al centro dell'inchiesta sui giudici
Padre Fedele inveisce contro le suore dopo la sentenza di primo grado (FOTO TOSTI)
«DENUNCIO’ altri tre episodi di violenza sessuale, ma è stata ritenuta inattendibile». L’avvocato Eugenio Bisceglia nel corso della sua arringa ha ricordato che al vaglio della Corte di Appello c’è una corposa memoria, di ben 289 pagine, depositata dalla stessa difesa lo scorso luglio. Si tratterebbe di carte destinate, secondo gli intendimenti degli avvocati, a minare la credibilità della religiosa. Nello specifico i penalisti ricordano che suor T. ha denunciato altri episodi di violenza sessuale, successivi a quelli per cui il frate e Gaudio sono stati condannati in primo grado, che però la magistratura ha archiviato, non ritenendo appunto attendibili le dichiarazioni della suora.
Ebbene, la difesa ha ricordato che il 12 novembre del 2006 suor T. presentò denuncia presso la Squadra Mobile di Roma, riferendo di un “patito sequestro di persona” e di una contestuale violenza sessuale.
La religiosa raccontò che fu avvicinata da un’auto nei pressi della Casa centrale della sua Congregazione (delle Suore francescane dei poveri), a Roma. Disse che un uomo la prese per le braccia, le tappò la bocca con del nastro nero per poi spingerla all’interno dell’auto, guidata da uno sconosciuto. Una volta dentro l’automobile suor T. fu costretta a sdraiarsi. L’uomo si abbassò i pantaloni e, dopo averle tolto i pantaloni della tuta, le calze e strappato i slip, abusò della religiosa. Suor T. disse che il suo violentatore le strappò la canottiera e il reggiseno.
Relativamente a questa presunta violenza la difesa ha ricordato che gli accertamenti sul rilevamento dell’auto da parte di alcune telecamere presenti sul luogo hanno dato esito negativo e che il medico del pronto soccorso ginecologico dell’ospedale San Camillo di Roma non riscontrò alcun segno di violenza sessuale. Per quanto riguarda gli indumenti che sarebbero stati strappati, la difesa ricorda che la Polizia scientifica è giunta alla conclusione che la rottura della maglia intima e del reggiseno sarebbe stata prodotta da una combinazione di un’azione di taglio per mezzo di uno strumento da punta e di una successiva azione di strappo. Anche gli accertamenti biologici hanno dato esito negativo. «In buona sostanza - hanno scritto gli avvocati Bisceglia e Caruso nella loro memoria - ne consegue che il racconto della suora in merito alla presunta violenza dell’11.11.2006 è falso e non veritiero».
Nella memoria si scrive di una seconda denuncia, anche questa ritenuta inattendibile, che la suora presentò il 30 aprile del 2007, sempre a Roma. La religiosa parlò di una violenza subita il precedente 27 aprile, in un appartamento di via Marconi di Roma, intorno alle 18.15. Riferì che un una persona aveva bussato alla sua porta, dicendo di essere il vicino. Aprì e un uomo la spinse contro il muro, somministrandole con la forza una pasticca e delle gocce. Quindi le strappò il vestito e parte della canottiera, per poi violentarla.
Anche in questo caso la difesa ha detto che le lacerazioni degli indumenti intimi «non sono state prodotte da strappo, ma da taglio di coltello o di lama» e che «nessuna violenza vi è mai stata, nessun riscontro a tanto è certificato dal pronto soccorso e che nessuna sostanza è mai stata ingerita dalla suora...».
Gli avvocati di padre Fedele ricordano poi che non ha avuto alcun riscontro l’ulteriore presunta violenza denunciata dalla suora il 28 agosto del 2006, sempre presso la questura di Roma. La religiosa raccontò che il precedente 21 agosto un uomo la spinse nel bagno dell’aeroporto di Reggio Calabria, si tirò giù i pantaloni e la minacciò di ritirare tutto quello che aveva detto nei riguardi di padre Fedele. Quindi, tirati su i pantaloni, andò via.
Nessun risultato - ha insistito la difesa nella sua memoria - anche in merito ai presunti pizzini di minacce che sarebbero stati rinvenuti dalla stessa suora e dalle sue consorelle sulle finestre della casa generalizia: «gli accertamenti di evidenziazione di impronte latenti hanno dato esito negativo, così come la disposta video sorveglianza costata ben 61.500 euro».
Hanno dato esito negativo pure gli accertamenti su un’aggressione denunciata dalla suora, la quale riferì di due uomini che la gettarono per terra sua via Sciarra di Roma, per poi strapparle la catenina d’argento dal collo e minacciarla. La difesa ha detto che tali procedimenti («che minano la credibilità della suora») invece che archiviati dovevano essere inseriti negli atti d’inchiesta sui presunti abusi all’Oasi, «al fine di pervenire a una decisione giusta, “al di là di ogni ragionevole dubbio”». Non è stato fatto. E per questo è stata chiesta la riapertura del dibattimento.
martedì 16 settembre 2014 13:23
Padre Fedele denuncia, indagati il pm e il giudice
Dopo la condanna li ha accusati di abuso d'ufficio
Procede la Procura di Salerno. Al centro della nuova inchiesta che ruota intorno alle presunte violenze subite da una suora, c'è una corposa relazione della difesa che non sarebbe stata tenuta in debita considerazione
Padre Fedele denuncia, indagati il pm e il giudice
Dopo la condanna li ha accusati di abuso d'ufficio
Padre Fedele davanti al tribunale
COSENZA - Il sostituto procuratore della Repubblica di Cosenza Claudio Curreli ed il giudice delle indagini preliminari dello stesso Tribunale Francesco Branda, sono stati iscritti nel registro degli indagati dalla Procura di Salerno dopo una denuncia presentata da padre Fedele Bisceglia, l'ex frate condannato in primo e secondo grado a 9 anni e 3 mesi per violenza sessuale ai danni di una suora . Mercoledì è prevista l'udienza a carico dell’ex frate davanti ai giudici della Corte di Cassazione. Lo stesso Padre Fedele, dopo le sentenze, aveva espresso dure critiche, sfidando anche la suora ad un confronto pubblico .
I due magistrati, secondo quanto si è appreso a Cosenza, sarebbero indagati per abuso d’ufficio. La vicenda riguarda un’indagine avviata dopo la denuncia della suora che aveva riferito di essere stata violentata anche a Roma da quattro persone. Indagine condotta dalla squadra mobile di Roma e coordinata dal pm Curreli - adesso sostituto procuratore a Pistoia - in quanto connessa a quella di padre Fedele. L’inchiesta era stata poi archiviata. A firmare l'archiviazione, secondo padre Fedele, era stato, nel 2010, Branda che, nello stesso periodo, era giudice nel collegio che stava processando in primo grado l’ex sacerdote.
Padre Fedele, che nel 2012, dopo il processo d’appello, aveva inviato il suo esposto anche al Csm, al Presidente della Repubblica ed al Ministro della Giustizia, lamentava il fatto che gli atti di quella archiviazione non erano confluiti nel processo a suo carico. La vicenda era stata oggetto anche di una memoria presentata ai giudici d’appello dai legali di padre Fedele, gli avvocati Eugenio Bisceglia e Franz Caruso.
LEGGI L'ARTICOLO SUL DOSSIER PRESENTATO DAL FRATE
«Duole ravvisare - avevano scritto i legali - che è stata disposta l’archiviazione di un procedimento aperto, comprensivo di più sottofascicoli, in chiara, evidente e dichiarata connessione a quello per cui è parola, ma mai acquisiti a quest’ultimo. D’altro canto, non ci meraviglia che ciò sia nella realtà accaduto, posto che le risultanze istruttorie esperite hanno dato tutte esito negativo, conseguendone una provata inattendibilità delle dichiarazioni della suora che palesemente ha deposto il falso». La stessa memoria è stata allegata da padre Fedele alla sua denuncia. Dell’iscrizione del magistrato e del giudice nel registro degli indagati è stata formalmente informata anche la Cassazione.
martedì 16 settembre 2014 13:19
Ecco le tesi del dossier presentato da Padre Fedele
e al centro dell'inchiesta sui giudici
Secondo quanto ricostruito dai legali del frate, la suora non sarebbe credibile
di ROBERTO GRANDINETTI
Ecco le tesi del dossier presentato da Padre Fedele
e al centro dell'inchiesta sui giudici
Padre Fedele inveisce contro le suore dopo la sentenza di primo grado (FOTO TOSTI)
«DENUNCIO’ altri tre episodi di violenza sessuale, ma è stata ritenuta inattendibile». L’avvocato Eugenio Bisceglia nel corso della sua arringa ha ricordato che al vaglio della Corte di Appello c’è una corposa memoria, di ben 289 pagine, depositata dalla stessa difesa lo scorso luglio. Si tratterebbe di carte destinate, secondo gli intendimenti degli avvocati, a minare la credibilità della religiosa. Nello specifico i penalisti ricordano che suor T. ha denunciato altri episodi di violenza sessuale, successivi a quelli per cui il frate e Gaudio sono stati condannati in primo grado, che però la magistratura ha archiviato, non ritenendo appunto attendibili le dichiarazioni della suora.
Ebbene, la difesa ha ricordato che il 12 novembre del 2006 suor T. presentò denuncia presso la Squadra Mobile di Roma, riferendo di un “patito sequestro di persona” e di una contestuale violenza sessuale.
La religiosa raccontò che fu avvicinata da un’auto nei pressi della Casa centrale della sua Congregazione (delle Suore francescane dei poveri), a Roma. Disse che un uomo la prese per le braccia, le tappò la bocca con del nastro nero per poi spingerla all’interno dell’auto, guidata da uno sconosciuto. Una volta dentro l’automobile suor T. fu costretta a sdraiarsi. L’uomo si abbassò i pantaloni e, dopo averle tolto i pantaloni della tuta, le calze e strappato i slip, abusò della religiosa. Suor T. disse che il suo violentatore le strappò la canottiera e il reggiseno.
Relativamente a questa presunta violenza la difesa ha ricordato che gli accertamenti sul rilevamento dell’auto da parte di alcune telecamere presenti sul luogo hanno dato esito negativo e che il medico del pronto soccorso ginecologico dell’ospedale San Camillo di Roma non riscontrò alcun segno di violenza sessuale. Per quanto riguarda gli indumenti che sarebbero stati strappati, la difesa ricorda che la Polizia scientifica è giunta alla conclusione che la rottura della maglia intima e del reggiseno sarebbe stata prodotta da una combinazione di un’azione di taglio per mezzo di uno strumento da punta e di una successiva azione di strappo. Anche gli accertamenti biologici hanno dato esito negativo. «In buona sostanza - hanno scritto gli avvocati Bisceglia e Caruso nella loro memoria - ne consegue che il racconto della suora in merito alla presunta violenza dell’11.11.2006 è falso e non veritiero».
Nella memoria si scrive di una seconda denuncia, anche questa ritenuta inattendibile, che la suora presentò il 30 aprile del 2007, sempre a Roma. La religiosa parlò di una violenza subita il precedente 27 aprile, in un appartamento di via Marconi di Roma, intorno alle 18.15. Riferì che un una persona aveva bussato alla sua porta, dicendo di essere il vicino. Aprì e un uomo la spinse contro il muro, somministrandole con la forza una pasticca e delle gocce. Quindi le strappò il vestito e parte della canottiera, per poi violentarla.
Anche in questo caso la difesa ha detto che le lacerazioni degli indumenti intimi «non sono state prodotte da strappo, ma da taglio di coltello o di lama» e che «nessuna violenza vi è mai stata, nessun riscontro a tanto è certificato dal pronto soccorso e che nessuna sostanza è mai stata ingerita dalla suora...».
Gli avvocati di padre Fedele ricordano poi che non ha avuto alcun riscontro l’ulteriore presunta violenza denunciata dalla suora il 28 agosto del 2006, sempre presso la questura di Roma. La religiosa raccontò che il precedente 21 agosto un uomo la spinse nel bagno dell’aeroporto di Reggio Calabria, si tirò giù i pantaloni e la minacciò di ritirare tutto quello che aveva detto nei riguardi di padre Fedele. Quindi, tirati su i pantaloni, andò via.
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martedì 16 settembre 2014 13:23
Vai su Amazon.it, cerca OMBRA, autore Pierfrancesco Iorio, compralo a 2,99 € e recensiscilo con 5 stelle. Se ti servissero altri motivi, sappi che vi si parla malissimo di Catanzaro.
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ANNULLATO PROCESSO A PADRE FEDELE
Da "Mediavideo" ultimissima delle 01,19
"E' da rifare il processo d'Appello a carico di Francesco Biscegkia, noto come Padre Fedele, il frate cappuccino sospeso a divinis nel 2008 in seguito alle accuse di violenza sessuale su una suora.
La Cassazione ha infatti annullato con rinvio la condanna a 9 anni e 3 mesi di reclusione, inflittagli dalla Corte d'Appello di Catanzaro il 17 dicembre 2012".
FEDELE INNOCENTE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
"E' da rifare il processo d'Appello a carico di Francesco Biscegkia, noto come Padre Fedele, il frate cappuccino sospeso a divinis nel 2008 in seguito alle accuse di violenza sessuale su una suora.
La Cassazione ha infatti annullato con rinvio la condanna a 9 anni e 3 mesi di reclusione, inflittagli dalla Corte d'Appello di Catanzaro il 17 dicembre 2012".
FEDELE INNOCENTE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
POCA CUMBIDENZA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Chini vò capire capiscia...............
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Re: ANNULLATO PROCESSO A PADRE FEDELE
Finalmente!
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Re: Padre Fedele denuncia PM e GIP del suo procedimento
Unito al topic aperto inizialmente da Nube.
Per chi ha sempre creduto nella sua innocenza, ma soprattutto per chi sapeva lo schifo che c'era dietro, questa notizia non è per nulla un fulmine a ciel sereno.
Speriamo solo si arrivi fino in fondo, ma ne dubito.
Per chi ha sempre creduto nella sua innocenza, ma soprattutto per chi sapeva lo schifo che c'era dietro, questa notizia non è per nulla un fulmine a ciel sereno.
Speriamo solo si arrivi fino in fondo, ma ne dubito.
ODIO ETERNO AL CALCIO MODERNO!!!
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Re: Padre Fedele denuncia PM e GIP del suo procedimento
Una bella notizia davvero .Bene così :friends:
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Re: Padre Fedele denuncia PM e GIP del suo procedimento
Data lo stato comatoso della giustizia italiana, non era assolutamente scontatomarcello77 ha scritto:Unito al topic aperto inizialmente da Nube.
Per chi ha sempre creduto nella sua innocenza, ma soprattutto per chi sapeva lo schifo che c'era dietro, questa notizia non è per nulla un fulmine a ciel sereno.
Speriamo solo si arrivi fino in fondo, ma ne dubito.
Lode a te
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Re: Padre Fedele denuncia PM e GIP del suo procedimento
PADRE FEDELE: 'LA MIA GIOIA È A METÀ: VORREI LA CONVERSIONE DELLA SUORA'
COSENZA - "Prego affinchè la suora si converta così come le altre religiose e tutti coloro che mi hanno gettato fango addosso".
http://www.quicosenza.it/le-notizie-del ... BrGzZR_ua8
Vai fedeleeeeee
COSENZA - "Prego affinchè la suora si converta così come le altre religiose e tutti coloro che mi hanno gettato fango addosso".
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Re: Padre Fedele denuncia PM e GIP del suo procedimento
[youtube]FqHW67IzY5Q[/youtube]
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Re: Padre Fedele denuncia PM e GIP del suo procedimento
Padre Fedele, sparita la nota della Dda di Reggio Calabria.
Il monaco ha scritto una lettera al sostituto procuratore Lombardo. La Dda ha inviato un’informativa alla procura di Salerno ma non si trova più. Da Reggio però è partita.
Nell’inestricabile matassa del complotto contro Padre Fedele Bisceglia non si finisce mai di rimanere a boccaperta.
Oggi siamo in grado di dirvi che anche la Dda di Reggio Calabria si è interessata del caso di Padre Fedele, nella persona del sostituto procuratore Giuseppe Lombardo, uno dei (pochi) magistrati seri della nostra realtà.
Era stato lo stesso Padre Fedele, nel luglio del 2013, a rivolgersi a Lombardo, con un’accorata lettera nella quale lo informava delle tante stranezze di quell’inchiesta. E gli chiedeva di indagare e, se lo avesse ritenuto opportuno, di inviare le risultanze del suo lavoro investigativo alla procura della Repubblica di Salerno, che proprio in questi giorni ha deciso di archiviare la denuncia di Padre Fedele nei confronti del pm Claudio Curreli e del Gip Francesco Luigi Branda. Il magistrato Lombardo, dal canto suo, dopo qualche mese di attività, ha regolarmente inviato un’informativa alla procura di Salerno. Che però stranamente non compare nel fascicolo predisposto dal pm Cantarella. Né tantomeno, se proprio fosse stato un mero errore nella trasmissione degli atti, se ne riscontra traccia nelle motivazioni, diffuse giovedì, dell’archiviazione del procedimento contro Curreli e Branda. Perché? La Dda di Reggio Calabria conserva, come da legge, il protocollo dell’atto, che è il 1960/13 RG ed è stato inviato il 18 novembre 2013. Esiste naturalmente anche la Pec che certifica l’arrivo del fascicolo alla procura della Repubblica di Salerno.
Non è il solo mistero del procedimento archiviato giovedì.
Dal fascicolo del pm Cantarella mancano anche gli atti relativi al processo di primo grado contro Padre Fedele Bisceglia. I carabinieri hanno addotto non meglio specificati motivi che avrebbero impedito la trasmissione degli atti.
Tornando alla Dda di Reggio Calabria, è davvero singolare la storia della sparizione dell’informativa. Ci auguriamo che ci siano parlamentari interessati a chiarire questa vicenda dai contorni quantomeno inquietanti.
Ma cos’ha scritto la Dda di Reggio Calabria e quindi il sostituto procuratore Giuseppe Lombardo? Nessuno, a parte i magistrati di Salerno, conosce il contenuto dell’informativa.
Tuttavia, noi siamo in grado di pubblicare la lettera che Padre Fedele ha scritto a Lombardo, nella quale sono sintetizzate le stranezze di quest’inchiesta e pesanti interrogativi che non potevano lasciare indifferente un magistrato serio e professionale come Giuseppe Lombardo.
Con le inchieste e i processi già conclusi, ma soprattutto con quelli in corso e in divenire, Lombardo sta aprendo squarci di verità su una realtà – quella reggina – che per tanto (troppo) tempo è rimasta avvolta sotto una cappa di silenzi fatti, soprattutto, di connivenze. Dalle indagini “Testamento” e “Agathos”, che hanno azzerato le cosche Libri e Tegano, fino al maxiprocesso “Meta”, che sta cercando di ricostruire le dinamiche criminali della città di Reggio. Senza dimenticare che sulla scrivania del magistrato c’è anche il fascicolo sulle triangolazioni societarie tra ‘ndrangheta e soggetti vicini alla Lega Nord e, da ultimo, quello che quasi sicuramente sarà aperto sui presunti depistaggi per l’attentato del 3 gennaio 2010 alla Procura Generale.
C’è di tutto in quei fascicoli: dalla ‘ndrangheta “pura”, agli affari economici, fino ad arrivare all’oscuro mondo dei Servizi Segreti che in Calabria, spesso, potrebbero aver giocato un ruolo fondamentale.
“Chi non conosce la verità è uno sciocco ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente”. E’ una frase di Bertolt Brecht ripresa dal magistrato reggino nella quale c’è tanto del modo di pensare e di essere di Giuseppe Lombardo: c’è la voglia di ricercare la verità, c’è l’obbligo – morale e professionale – di non coprire mai e poi mai nessuno.
Ci sono dunque tutti i presupposti per pensare che Lombardo abbia ritenuto legittimo intervenire direttamente in questo caso.
La spiegazione è contenuta nella lettera di Padre Fedele Bisceglia, scritta il 4 luglio 2013.
“… Ho molto pensato a Lei e alla possibilità che, in questo mondo buio che mi circonda, mi possa dare una mano a sciogliere alcuni dubbi e perplessità che in maniera evidente emergono dalla mia storia processuale e che, anzi, al contrario, alcuni suoi colleghi, funzionari delle forze dell’ordine e miei confratelli, hanno voluto nascondere per giungere a una mia definitiva condanna”.
“Sono stato arrestato il 23 gennaio 2006 e sono stato trattato come il peggior elemento della malavita organizzata. Il 24 ottobre 2005 suor Tania si reca allo Sco di Roma per depositare una denuncia-querela mei miei riguardi. La cosa strana è che in quella sede e a quell’ora si trovava anche il dott. Stefano Dodaro, vicequestore di Cosenza, il quale arbitrariamente ritira la querela, la porta con se sino a Cosenza e la deposita dopo due giorni a una segreteria della procura non adatta a ricevere le querele con conseguente assegnazione al dr. Claudio Curreli, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cosenza”.
Riepiloghiamo: la suora denuncia Padre Fedele allo Sco di Roma alla presenza di un poliziotto cosentino, che poi porta con se l’atto a Cosenza e lo deposita direttamente nelle mani di un sostituto procuratore.
“Più volte e reiteratamente è stato chiesto dai miei avvocati, anche con istanze alla procura di Cosenza e alla procura generale di Catanzaro, l’ordine di servizio di quel giorno per stabilire se Curreli era di turno. Ma anche perché il deposito della denuncia avveniva presso una segreteria non competente a ricevere quegli atti, perché Dodaro era a Roma e perché aveva poi ritirato lui la querela piuttosto che seguire invece l’iter procedurale di remissione alla procura di Roma e da lì eventualmente la remissione a Cosenza”.
Di episodi strani, in questa storia, ce ne sono troppi. Padre Fedele, nella sua lettera a Lombardo, ne elenca due, anche inediti, che riguardano gli avvertimenti a due investigatori privati.
“Ho dato incarico – scrive Padre Fedele – a due investigatori privati al fine di riuscire ad avere notizie sulla denunciante suora. Il primo, su Roma, ha rinunciato all’incarico riferendomi che personale dello Sco sarebbe andato da lui per una “presunta perquisizione” e facendogli capire che sarebbe stato meglio rinunciare. Il secondo su Cosenza, Sebastiano Fiorita, ha svolto delle indagini anche al paese natale di suor Tania ma qui ha ricevuto minacce ed è stato avvertito di occuparsi di altro”.
Dalla lettera d Padre Fedele emerge anche un’altra strana situazione, tirata fuori da un investigatore privato che qualcosa era riuscito a scoprire sulla vita della suora.
“Un altro investigatore, tale Concolino di Lamezia Terme, ebbe a svolgere delle indagini già a ridosso del mio arresto, con riferimento ad assidue e frequenti telefonate che la suora aveva con un numero di cellulare che emergeva dal suo tabulato, appartenente a Gaetano Biagio Ragno, noto pregiudicato siciliano”.
Padre Fedele racconta poi l’incredibile storia del fascicolo disperso.
“Prima ancora che venisse fissata l’udienza del 2° grado del giudizio dinanzi alla Corte d’Appello di Catanzaro, l’avvocato Bisceglia rinviene nell’archivio del Tribunale di Cosenza un fascicolo (al quale erano stati riuniti altri 5 sottofascicoli) relativo ad altrettante denunce che suor Tania aveva presentato alla questura di Roma negli anni 2006-2007 ovvero successivamente al mio arresto e comunque in pendenza del processo di primo grado. In buona sostanza, le denunce presentate per violenza sessuale ricevute da parte di ignoti (asseritamente mandati dal sottoscritto) e sequestro di persona, risultavano essere false, posto che la polizia scientifica di Roma e l’ospedale San Camillo di Roma accertavano e dichiaravano che non solo non c’era stata violenza ma c’era molto altro fuori posto. Gli tabiti non erano stati strappati ma erano stati tagliati con forbici…”.
“Quel fascicolo non è mai stato acquisito dal pm Curreli, che lo ha gestito in ogni sua fase tenendolo nascosto. Il pm ha poi ottenuto l’archiviazione del Gip di Cosenza che, guarda caso, era il dott. Branda, giudice componente il mio collegio nel processo di primo grado. La qualcosa mi è apparsa devastante non solo perché il dott. Curreli lo ha tenuto nascosto non solo perché il dott. Branda non poteva firmare l’archiviazione (ma avrebbe dovuto acquisirlo anch’egli al mio processo) quanto poi la stessa Corte d’Appello di Catanzaro, cui è stato acquisito il fascicolo di 300 pagine, non ha inteso dare alcuna valida motivazione al riguardo…”.
Infine, la vicenda dell’arricchimento dell’Oasi Francescana. “… Dopo il mio arresto l’Oasi ottiene l’accreditamento della Regione Calabria con 37 euro al giorno per circa 100 ospiti che la struttura ha la possibilità di accogliere. I conti tornano facili: c’è un introito di oltre 1 milione 200 mila euro all’anno… Faccio notare poi che dopo il mio arresto l’Ordine dei Cappuccini ha nominato un direttore amministratore, signor Michele Pappalardo, che negli ultimi cinque anni ha percepito un compenso di 99 milioni 700 mila euro all’anno…”.
“… I valori della chiesa sono ormai perduti – conclude Padre Fedele – ma spero che con il suo intervento i valori della Giustizia tornino a trionfare, non tanto per il sottoscritto quanto per ridare fiducia nelle istituzioni a quanti come me non ci credono più”.
Solo conoscendo la verità, Cosenza potrà avere un futuro. Solo conoscendola e chiamandola tale, solo chiamando bugie le apparenze vissute fin qui si potrà voltare pagina.
http://www.laprovinciadicosenza.it - 28/03/2015.
Il monaco ha scritto una lettera al sostituto procuratore Lombardo. La Dda ha inviato un’informativa alla procura di Salerno ma non si trova più. Da Reggio però è partita.
Nell’inestricabile matassa del complotto contro Padre Fedele Bisceglia non si finisce mai di rimanere a boccaperta.
Oggi siamo in grado di dirvi che anche la Dda di Reggio Calabria si è interessata del caso di Padre Fedele, nella persona del sostituto procuratore Giuseppe Lombardo, uno dei (pochi) magistrati seri della nostra realtà.
Era stato lo stesso Padre Fedele, nel luglio del 2013, a rivolgersi a Lombardo, con un’accorata lettera nella quale lo informava delle tante stranezze di quell’inchiesta. E gli chiedeva di indagare e, se lo avesse ritenuto opportuno, di inviare le risultanze del suo lavoro investigativo alla procura della Repubblica di Salerno, che proprio in questi giorni ha deciso di archiviare la denuncia di Padre Fedele nei confronti del pm Claudio Curreli e del Gip Francesco Luigi Branda. Il magistrato Lombardo, dal canto suo, dopo qualche mese di attività, ha regolarmente inviato un’informativa alla procura di Salerno. Che però stranamente non compare nel fascicolo predisposto dal pm Cantarella. Né tantomeno, se proprio fosse stato un mero errore nella trasmissione degli atti, se ne riscontra traccia nelle motivazioni, diffuse giovedì, dell’archiviazione del procedimento contro Curreli e Branda. Perché? La Dda di Reggio Calabria conserva, come da legge, il protocollo dell’atto, che è il 1960/13 RG ed è stato inviato il 18 novembre 2013. Esiste naturalmente anche la Pec che certifica l’arrivo del fascicolo alla procura della Repubblica di Salerno.
Non è il solo mistero del procedimento archiviato giovedì.
Dal fascicolo del pm Cantarella mancano anche gli atti relativi al processo di primo grado contro Padre Fedele Bisceglia. I carabinieri hanno addotto non meglio specificati motivi che avrebbero impedito la trasmissione degli atti.
Tornando alla Dda di Reggio Calabria, è davvero singolare la storia della sparizione dell’informativa. Ci auguriamo che ci siano parlamentari interessati a chiarire questa vicenda dai contorni quantomeno inquietanti.
Ma cos’ha scritto la Dda di Reggio Calabria e quindi il sostituto procuratore Giuseppe Lombardo? Nessuno, a parte i magistrati di Salerno, conosce il contenuto dell’informativa.
Tuttavia, noi siamo in grado di pubblicare la lettera che Padre Fedele ha scritto a Lombardo, nella quale sono sintetizzate le stranezze di quest’inchiesta e pesanti interrogativi che non potevano lasciare indifferente un magistrato serio e professionale come Giuseppe Lombardo.
Con le inchieste e i processi già conclusi, ma soprattutto con quelli in corso e in divenire, Lombardo sta aprendo squarci di verità su una realtà – quella reggina – che per tanto (troppo) tempo è rimasta avvolta sotto una cappa di silenzi fatti, soprattutto, di connivenze. Dalle indagini “Testamento” e “Agathos”, che hanno azzerato le cosche Libri e Tegano, fino al maxiprocesso “Meta”, che sta cercando di ricostruire le dinamiche criminali della città di Reggio. Senza dimenticare che sulla scrivania del magistrato c’è anche il fascicolo sulle triangolazioni societarie tra ‘ndrangheta e soggetti vicini alla Lega Nord e, da ultimo, quello che quasi sicuramente sarà aperto sui presunti depistaggi per l’attentato del 3 gennaio 2010 alla Procura Generale.
C’è di tutto in quei fascicoli: dalla ‘ndrangheta “pura”, agli affari economici, fino ad arrivare all’oscuro mondo dei Servizi Segreti che in Calabria, spesso, potrebbero aver giocato un ruolo fondamentale.
“Chi non conosce la verità è uno sciocco ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente”. E’ una frase di Bertolt Brecht ripresa dal magistrato reggino nella quale c’è tanto del modo di pensare e di essere di Giuseppe Lombardo: c’è la voglia di ricercare la verità, c’è l’obbligo – morale e professionale – di non coprire mai e poi mai nessuno.
Ci sono dunque tutti i presupposti per pensare che Lombardo abbia ritenuto legittimo intervenire direttamente in questo caso.
La spiegazione è contenuta nella lettera di Padre Fedele Bisceglia, scritta il 4 luglio 2013.
“… Ho molto pensato a Lei e alla possibilità che, in questo mondo buio che mi circonda, mi possa dare una mano a sciogliere alcuni dubbi e perplessità che in maniera evidente emergono dalla mia storia processuale e che, anzi, al contrario, alcuni suoi colleghi, funzionari delle forze dell’ordine e miei confratelli, hanno voluto nascondere per giungere a una mia definitiva condanna”.
“Sono stato arrestato il 23 gennaio 2006 e sono stato trattato come il peggior elemento della malavita organizzata. Il 24 ottobre 2005 suor Tania si reca allo Sco di Roma per depositare una denuncia-querela mei miei riguardi. La cosa strana è che in quella sede e a quell’ora si trovava anche il dott. Stefano Dodaro, vicequestore di Cosenza, il quale arbitrariamente ritira la querela, la porta con se sino a Cosenza e la deposita dopo due giorni a una segreteria della procura non adatta a ricevere le querele con conseguente assegnazione al dr. Claudio Curreli, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cosenza”.
Riepiloghiamo: la suora denuncia Padre Fedele allo Sco di Roma alla presenza di un poliziotto cosentino, che poi porta con se l’atto a Cosenza e lo deposita direttamente nelle mani di un sostituto procuratore.
“Più volte e reiteratamente è stato chiesto dai miei avvocati, anche con istanze alla procura di Cosenza e alla procura generale di Catanzaro, l’ordine di servizio di quel giorno per stabilire se Curreli era di turno. Ma anche perché il deposito della denuncia avveniva presso una segreteria non competente a ricevere quegli atti, perché Dodaro era a Roma e perché aveva poi ritirato lui la querela piuttosto che seguire invece l’iter procedurale di remissione alla procura di Roma e da lì eventualmente la remissione a Cosenza”.
Di episodi strani, in questa storia, ce ne sono troppi. Padre Fedele, nella sua lettera a Lombardo, ne elenca due, anche inediti, che riguardano gli avvertimenti a due investigatori privati.
“Ho dato incarico – scrive Padre Fedele – a due investigatori privati al fine di riuscire ad avere notizie sulla denunciante suora. Il primo, su Roma, ha rinunciato all’incarico riferendomi che personale dello Sco sarebbe andato da lui per una “presunta perquisizione” e facendogli capire che sarebbe stato meglio rinunciare. Il secondo su Cosenza, Sebastiano Fiorita, ha svolto delle indagini anche al paese natale di suor Tania ma qui ha ricevuto minacce ed è stato avvertito di occuparsi di altro”.
Dalla lettera d Padre Fedele emerge anche un’altra strana situazione, tirata fuori da un investigatore privato che qualcosa era riuscito a scoprire sulla vita della suora.
“Un altro investigatore, tale Concolino di Lamezia Terme, ebbe a svolgere delle indagini già a ridosso del mio arresto, con riferimento ad assidue e frequenti telefonate che la suora aveva con un numero di cellulare che emergeva dal suo tabulato, appartenente a Gaetano Biagio Ragno, noto pregiudicato siciliano”.
Padre Fedele racconta poi l’incredibile storia del fascicolo disperso.
“Prima ancora che venisse fissata l’udienza del 2° grado del giudizio dinanzi alla Corte d’Appello di Catanzaro, l’avvocato Bisceglia rinviene nell’archivio del Tribunale di Cosenza un fascicolo (al quale erano stati riuniti altri 5 sottofascicoli) relativo ad altrettante denunce che suor Tania aveva presentato alla questura di Roma negli anni 2006-2007 ovvero successivamente al mio arresto e comunque in pendenza del processo di primo grado. In buona sostanza, le denunce presentate per violenza sessuale ricevute da parte di ignoti (asseritamente mandati dal sottoscritto) e sequestro di persona, risultavano essere false, posto che la polizia scientifica di Roma e l’ospedale San Camillo di Roma accertavano e dichiaravano che non solo non c’era stata violenza ma c’era molto altro fuori posto. Gli tabiti non erano stati strappati ma erano stati tagliati con forbici…”.
“Quel fascicolo non è mai stato acquisito dal pm Curreli, che lo ha gestito in ogni sua fase tenendolo nascosto. Il pm ha poi ottenuto l’archiviazione del Gip di Cosenza che, guarda caso, era il dott. Branda, giudice componente il mio collegio nel processo di primo grado. La qualcosa mi è apparsa devastante non solo perché il dott. Curreli lo ha tenuto nascosto non solo perché il dott. Branda non poteva firmare l’archiviazione (ma avrebbe dovuto acquisirlo anch’egli al mio processo) quanto poi la stessa Corte d’Appello di Catanzaro, cui è stato acquisito il fascicolo di 300 pagine, non ha inteso dare alcuna valida motivazione al riguardo…”.
Infine, la vicenda dell’arricchimento dell’Oasi Francescana. “… Dopo il mio arresto l’Oasi ottiene l’accreditamento della Regione Calabria con 37 euro al giorno per circa 100 ospiti che la struttura ha la possibilità di accogliere. I conti tornano facili: c’è un introito di oltre 1 milione 200 mila euro all’anno… Faccio notare poi che dopo il mio arresto l’Ordine dei Cappuccini ha nominato un direttore amministratore, signor Michele Pappalardo, che negli ultimi cinque anni ha percepito un compenso di 99 milioni 700 mila euro all’anno…”.
“… I valori della chiesa sono ormai perduti – conclude Padre Fedele – ma spero che con il suo intervento i valori della Giustizia tornino a trionfare, non tanto per il sottoscritto quanto per ridare fiducia nelle istituzioni a quanti come me non ci credono più”.
Solo conoscendo la verità, Cosenza potrà avere un futuro. Solo conoscendola e chiamandola tale, solo chiamando bugie le apparenze vissute fin qui si potrà voltare pagina.
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Re: Padre Fedele denuncia PM e GIP del suo procedimento
Io pensavo di avere le idee piuttosto chiare su questa vicenda... La storia dell'accreditamento e il nome di qualche personaggio coinvolto mi aprono nuovi scenari che definire inquietanti è riduttivo
Lode a te
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Re: Padre Fedele denuncia PM e GIP del suo procedimento
Padre Fedele intende rivelare le sue verità, domani il frate si 'confessa' in pubblico.
Il francescano incontrerà cittadini e giornalisti per chiarire le vicende che lo hanno interessato.
Padre Fedele Bisceglia terra' una conferenza stampa pubblica, in piazza XI Settembre, a Cosenza, alle 10,30 di venerdi' 3 aprile. "Dovete dire che Padre Fedele si confessa - ha detto il religioso - perche' ho tante cose da dire visto che sono passati quasi 10 anni da quando non posso piu' celebrare la Santa Messa e per me questa Santa Pasqua sara', per questo, particolarmente triste". Da qualche giorno è iniziato, a Catanzaro, il nuovo processo d'appello che lo riguarda, come decretato dalla Corte di Cassazione, che ha annullato il precedente procedimento. Padre Fedele, lo ricordiamo, è accusato di abusi sessuali ai danni di una suora siciliana a causa dei quali aveva anche subito l'arresto, ma si è sempre professato innocente e vittima di un complotto.
http://www.quicosenza.it - 02/04/2015.
Il francescano incontrerà cittadini e giornalisti per chiarire le vicende che lo hanno interessato.
Padre Fedele Bisceglia terra' una conferenza stampa pubblica, in piazza XI Settembre, a Cosenza, alle 10,30 di venerdi' 3 aprile. "Dovete dire che Padre Fedele si confessa - ha detto il religioso - perche' ho tante cose da dire visto che sono passati quasi 10 anni da quando non posso piu' celebrare la Santa Messa e per me questa Santa Pasqua sara', per questo, particolarmente triste". Da qualche giorno è iniziato, a Catanzaro, il nuovo processo d'appello che lo riguarda, come decretato dalla Corte di Cassazione, che ha annullato il precedente procedimento. Padre Fedele, lo ricordiamo, è accusato di abusi sessuali ai danni di una suora siciliana a causa dei quali aveva anche subito l'arresto, ma si è sempre professato innocente e vittima di un complotto.
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