Aldrovandi, indagati per diffamazione Giovanardi, Balboni (Fdi) e Maccari (Coisp).
Tutt'e tre erano stati denunciati da Patrizia Moretti, madre di Federico, morto nel 2005 per i colpi ricevuti da 4 agenti di polizia. Il senatore Pdl alla Zanzara disse: "Quella macchia rossa dietro la testa non è sangue: è un cuscino".
La procura di Ferrara ha iscritto nel registro degli indagati Carlo Giovanardi per le dichiarazioni sulla foto che ritrae Federico Aldrovandi morto, steso sul lettino della morgue. Insieme al senatore Pdl sono stati indagati anche l’ex parlamentare ferrarese del Pdl, ora passato a Fratelli d’Italia, Alberto Balboni e il segretario nazionale del Coisp Franco Maccari.
Tutti e tre erano stati denunciati per diffamazione da Patrizia Moretti, la madre di Federico, per le dichiarazioni successive al sit-in del sindacato di polizia, che vide la Moretti scendere in strada con la foto del figlio morto per mostrarla ai sindacalisti che manifestavano in favore dei poliziotti che lo avevano ucciso. “Hanno detto bugie – commenta Patrizia Moretti – e continuano a spacciarle come verità quando invece i tribunali hanno detto cose diverse. Non tollero che si infanghi ancora la memoria di Federico”.
Balboni e Maccari, i primi a essere querelati, sono chiamati in causa per quanto detto lo scorso 27 marzo all’interno delle mura di Palazzo Roverella, a Ferrara, dove si teneva il congresso regionale del sindacato di polizia. Maccari, appena reso celebre dal video che fece il giro d’Italia, attaccò la “stampa vigliacca e penosa che ha pubblicato cose ignobili, compreso il non voler prendere atto che la foto di stamattina non è stata ammessa in tribunale perché non veritiera”. Balboni, invitato al dibattito che precedeva il congresso del Coisp, si lanciò in una arringa fuori tempo massimo: “La foto non corrisponde alla verità, è stata usata dal Manifesto (in realtà era Liberazione, ndr) per una campagna di disinformazione ma è una falsificazione della realtà”.
A Giovanardi – per il quale è stata formalizzata una querela a parte – viene contestata la dichiarazione in diretta a La Zanzara, su Radio 24: “Quella macchia rossa dietro è un cuscino. Gli avevano appoggiato la testa su un cuscino. Non è sangue, ma neanche la madre ha detto che è sangue e neanche lo può dire, perché non è così”.
E invece, scrive la Moretti a supporto della querela, “si tratta della foto del volto di Federico, ancora vestito degli abiti che indossava al momento della morte, sul lettino dell’obitorio, scattata di consulenti del pubblico ministero in sede di autopsia” e “utilizzata al momento del processo come facente parte del compendio fotografico dei medici legali”. “Vengo accusata – continua la madre di Federico – di aver esibito una foto falsa, artatamente modificata, che ritrarrebbe le condizioni di mio figlio al momento della sua morte. La considero un’accusa atroce”.
di Marco Zavagli - Il Fatto Quotidiano del 17 giugno 2013.
Giustizia per Federico Aldrovandi
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Re: Giustizia per Federico Aldrovandi
Aldrovandi, poliziotti condannati tornano in servizio. Silenzio dal Viminale.
I poliziotti condannati per la morte di Federico Aldrovandi stanno tornando in servizio dopo aver scontato sei mesi di detenzione e il periodo di sospensione. Uno dei quattro, Paolo Forlani non rientrerà perché da tempo in cura per una "nevrosi reattiva".
I poliziotti condannati per la morte di Federico Aldrovandi stanno tornando in servizio dopo aver scontato sei mesi di detenzione e il periodo di sospensione. E la famiglia del ragazzo ucciso a Ferrara, che da sempre ne chiede la radiazione, non è stata contattata per esserne informata dalla Polizia o dal ministero dell’Interno. Lo ha spiegato la madre, Patrizia Moretti, che alla domanda se una chiamata se l’aspettava risponde: “Beh, effettivamente sì”.
“Conoscenza diretta non ne abbiamo- spiega Moretti riguardo al fatto se i quattro siano già tornati al lavoro – sappiamo che i tempi sono questi, tra fine gennaio e inizio febbraio, ma in realtà le notizie le ho più dai giornalisti che non dalla fonte. Con i nostri avvocati avevamo fatto una richiesta di accesso agli atti presso i vertici della polizia per vedere i loro provvedimenti disciplinari, ma ci è stata negata. Perché, ci hanno detto che ai sensi di legge non siamo ‘diretti interessati”. E la donna ribadisce che, invece, una comunicazione in questo senso se la sarebbe aspettata. “L’ultimo ministro con cui abbiamo parlato era Cancellieri. Allora era ministro dell’Interno. Si era in parte impegnata a seguire attentamente la vicenda, poi ha cambiato ministero. Il problema è che cambia politico e non c’è più modo di proseguire il dialogo e non hai più un interlocutore”.
Nemmeno i quattro agenti hanno provato a contattare la famiglia, spiega Moretti, che aggiunge: “Mai, mai assolutamente”. Quanto al fatto che non sia possibile la radiazione dalla polizia per condanne per reati colposi, la madre di Federico ribadisce quanto lei e il padre, Lino Aldrovandi, hanno sempre sostenuto: “in tutte le sentenze che si sono succedute, in particolare la prima, hanno sancito che non è stato possibile arrivare ad una pena maggiore a causa degli insabbiamenti dei colleghi. Io ho letto il regolamento della polizia – rimarca -: la radiazione anche è prevista per il disonore alla divisa. E questo per me è alto tradimento. Basta leggerle le cose, basta volerle applicare, per me gli appigli ci sono. Ma forse non vogliono farlo”. “Qui non ci siamo solo noi – è la sua conclusione – ma è una questione che riguarda tutti, riguarda quello che decide di fare una istituzione di fronte ad una condanna per omicidio”.
Paolo Forlani, uno dei quattro poliziotti condannati per la morte di Aldrovandi, non tornerà per il momento in servizio, perché da tempo in cura per una patologia seria, una “nevrosi reattiva”, dovuta “alle vicende del processo e a tutto quello che ha vissuto, con grande dolore, anche per la morte del ragazzo”. Lo spiega l’avvocato che lo assiste, Gabriele Bordoni, in relazione a quanto affermato dalla madre di Federico Aldrovandi, Patrizia Moretti.
Il Fatto Quotidiano del 23 gennaio 2014.
I poliziotti condannati per la morte di Federico Aldrovandi stanno tornando in servizio dopo aver scontato sei mesi di detenzione e il periodo di sospensione. Uno dei quattro, Paolo Forlani non rientrerà perché da tempo in cura per una "nevrosi reattiva".
I poliziotti condannati per la morte di Federico Aldrovandi stanno tornando in servizio dopo aver scontato sei mesi di detenzione e il periodo di sospensione. E la famiglia del ragazzo ucciso a Ferrara, che da sempre ne chiede la radiazione, non è stata contattata per esserne informata dalla Polizia o dal ministero dell’Interno. Lo ha spiegato la madre, Patrizia Moretti, che alla domanda se una chiamata se l’aspettava risponde: “Beh, effettivamente sì”.
“Conoscenza diretta non ne abbiamo- spiega Moretti riguardo al fatto se i quattro siano già tornati al lavoro – sappiamo che i tempi sono questi, tra fine gennaio e inizio febbraio, ma in realtà le notizie le ho più dai giornalisti che non dalla fonte. Con i nostri avvocati avevamo fatto una richiesta di accesso agli atti presso i vertici della polizia per vedere i loro provvedimenti disciplinari, ma ci è stata negata. Perché, ci hanno detto che ai sensi di legge non siamo ‘diretti interessati”. E la donna ribadisce che, invece, una comunicazione in questo senso se la sarebbe aspettata. “L’ultimo ministro con cui abbiamo parlato era Cancellieri. Allora era ministro dell’Interno. Si era in parte impegnata a seguire attentamente la vicenda, poi ha cambiato ministero. Il problema è che cambia politico e non c’è più modo di proseguire il dialogo e non hai più un interlocutore”.
Nemmeno i quattro agenti hanno provato a contattare la famiglia, spiega Moretti, che aggiunge: “Mai, mai assolutamente”. Quanto al fatto che non sia possibile la radiazione dalla polizia per condanne per reati colposi, la madre di Federico ribadisce quanto lei e il padre, Lino Aldrovandi, hanno sempre sostenuto: “in tutte le sentenze che si sono succedute, in particolare la prima, hanno sancito che non è stato possibile arrivare ad una pena maggiore a causa degli insabbiamenti dei colleghi. Io ho letto il regolamento della polizia – rimarca -: la radiazione anche è prevista per il disonore alla divisa. E questo per me è alto tradimento. Basta leggerle le cose, basta volerle applicare, per me gli appigli ci sono. Ma forse non vogliono farlo”. “Qui non ci siamo solo noi – è la sua conclusione – ma è una questione che riguarda tutti, riguarda quello che decide di fare una istituzione di fronte ad una condanna per omicidio”.
Paolo Forlani, uno dei quattro poliziotti condannati per la morte di Aldrovandi, non tornerà per il momento in servizio, perché da tempo in cura per una patologia seria, una “nevrosi reattiva”, dovuta “alle vicende del processo e a tutto quello che ha vissuto, con grande dolore, anche per la morte del ragazzo”. Lo spiega l’avvocato che lo assiste, Gabriele Bordoni, in relazione a quanto affermato dalla madre di Federico Aldrovandi, Patrizia Moretti.
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Re: Giustizia per Federico Aldrovandi
Povero...Sti giudici comunisti non si rendono conto che distruggono vite umane...marcello77 ha scritto:Paolo Forlani, uno dei quattro poliziotti condannati per la morte di Aldrovandi, non tornerà per il momento in servizio, perché da tempo in cura per una patologia seria, una “nevrosi reattiva”, dovuta “alle vicende del processo e a tutto quello che ha vissuto, con grande dolore, anche per la morte del ragazzo”. Lo spiega l’avvocato che lo assiste, Gabriele Bordoni, in relazione a quanto affermato dalla madre di Federico Aldrovandi, Patrizia Moretti.
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Re: Giustizia per Federico Aldrovandi
Caso Aldrovandi, applausi per gli agenti condannati al congresso Sap.
La Russa, Gasparri e Pansa in prima fila al congresso del sindacato di polizia che ha applaudito gli agenti condannati. La madre del ragazzo: "Rivoltante". Renzi le telefona: "Governo solidale".
Circa cinque minuti di applausi e delegati in piedi alla sessione pomeridiana del Congresso nazionale del Sap, il sindacato autonomo di polizia, per tre dei quattro agenti condannati in via definitiva per la morte del 18enne Federico Aldrovandi durante un controllo il 25 settembre del 2005 a Ferrara: Paolo Forlani, Luca Pollastri e Enzo Pontani.
I tre agenti (mancava all’appello Monica Segatto, “che non siamo riusciti a contattare”, spiega il delegato ferrarese Luca Caprini che rivendica l’iniziativa di “portare all’attenzione del congresso nazionale il caso dei nostri iscritti) erano stati invitati lo scorso febbraio anche al congresso provinciale della città dove erano in servizio. Proprio a Ferrara, Gianni Tonelli, eletto ora segretario nazionale, aveva lanciato la campagna #vialamenzogna, una risposta alla manifestazione nazionale #vialadivisa con la quale pochi giorni prima la famiglia di Federico chiedeva la destituzione dei colpevoli della morte del diciottenne.
In quell’occasione proprio Tonelli arrivò parlò di “accanimento contro gli operatori delle forze di polizia”, di “una pelosa macchina del fango che mistifica la realtà dei fatti trasformando, spesso, i violenti in eroi e i poliziotti in delinquenti”.
Un anno prima, a febbraio 2013, sempre il Sap aveva atteso all’uscita del tribunale di sorveglianza di Bologna Enzo Pontani, che chiedeva l’affidamento ai domiciliari per i sei mesi di pena residua. L’indulto infatti aveva già cancellato tre anni dalla pena definitiva uscita dalla Cassazione, che per inciso definì i quattro poliziotti “sproporzionatamente violenti”. Anche in quell’occasione, a Bologna, fioccarono applausi di solidarietà da parte dei colleghi poliziotti.
Pontani, dopo una breve parentesi in carcere, ottenne i domiciliari, così come la Segatto. Solo Forlani e Pollastri rimasero fino a fine pena in una cella dell’Arginone. Scontata la detenzione e passato un altro semestre punitivo deciso dal corpo di polizia come sospensione disciplinare, i quattro agenti delle Volanti sono rientrati in servizio, anche se non adibiti al servizio su strada.
“Provo ribrezzo per tutte quelle mani” commenta Patrizia Moretti pensando a quegli applausi. “Cosa significa? Che si sostiene chi uccide un ragazzo in strada? Chi ammazza i nostri figli? È estremamente pericoloso”. Anche il padre Liino affida ai social network il suo disgusto: “Orribile. E’ questa la polizia di Stato? Se fosse stato loro il figlio, avrebbero applaudito questi signori gli uccisori del proprio figlio. Ucciso senza una ragione da quattro individui con una divisa addosso. Una divisa che forse non guarderò mai più con fiducia, a meno che… Vergognatevi”.
Il primo commento politico arriva dal coordinatore nazionale di Sinistra ecologia libertà Nicola Fratoianni: ”Gli applausi agli assassini di Federico Aldrovandi sono agghiaccianti e inaccettabili. Chi applaude quegli agenti applaude ad un crimine vergognoso e non è certo degno di vestire una divisa. Non si può accettare che chi è chiamato a garantire la sicurezza dei cittadini possa compiere gesti terribili come quello di oggi”.
di Marco Zavagli - Il Fatto Quotidiano del 29 aprile 2014.
La Russa, Gasparri e Pansa in prima fila al congresso del sindacato di polizia che ha applaudito gli agenti condannati. La madre del ragazzo: "Rivoltante". Renzi le telefona: "Governo solidale".
Circa cinque minuti di applausi e delegati in piedi alla sessione pomeridiana del Congresso nazionale del Sap, il sindacato autonomo di polizia, per tre dei quattro agenti condannati in via definitiva per la morte del 18enne Federico Aldrovandi durante un controllo il 25 settembre del 2005 a Ferrara: Paolo Forlani, Luca Pollastri e Enzo Pontani.
I tre agenti (mancava all’appello Monica Segatto, “che non siamo riusciti a contattare”, spiega il delegato ferrarese Luca Caprini che rivendica l’iniziativa di “portare all’attenzione del congresso nazionale il caso dei nostri iscritti) erano stati invitati lo scorso febbraio anche al congresso provinciale della città dove erano in servizio. Proprio a Ferrara, Gianni Tonelli, eletto ora segretario nazionale, aveva lanciato la campagna #vialamenzogna, una risposta alla manifestazione nazionale #vialadivisa con la quale pochi giorni prima la famiglia di Federico chiedeva la destituzione dei colpevoli della morte del diciottenne.
In quell’occasione proprio Tonelli arrivò parlò di “accanimento contro gli operatori delle forze di polizia”, di “una pelosa macchina del fango che mistifica la realtà dei fatti trasformando, spesso, i violenti in eroi e i poliziotti in delinquenti”.
Un anno prima, a febbraio 2013, sempre il Sap aveva atteso all’uscita del tribunale di sorveglianza di Bologna Enzo Pontani, che chiedeva l’affidamento ai domiciliari per i sei mesi di pena residua. L’indulto infatti aveva già cancellato tre anni dalla pena definitiva uscita dalla Cassazione, che per inciso definì i quattro poliziotti “sproporzionatamente violenti”. Anche in quell’occasione, a Bologna, fioccarono applausi di solidarietà da parte dei colleghi poliziotti.
Pontani, dopo una breve parentesi in carcere, ottenne i domiciliari, così come la Segatto. Solo Forlani e Pollastri rimasero fino a fine pena in una cella dell’Arginone. Scontata la detenzione e passato un altro semestre punitivo deciso dal corpo di polizia come sospensione disciplinare, i quattro agenti delle Volanti sono rientrati in servizio, anche se non adibiti al servizio su strada.
“Provo ribrezzo per tutte quelle mani” commenta Patrizia Moretti pensando a quegli applausi. “Cosa significa? Che si sostiene chi uccide un ragazzo in strada? Chi ammazza i nostri figli? È estremamente pericoloso”. Anche il padre Liino affida ai social network il suo disgusto: “Orribile. E’ questa la polizia di Stato? Se fosse stato loro il figlio, avrebbero applaudito questi signori gli uccisori del proprio figlio. Ucciso senza una ragione da quattro individui con una divisa addosso. Una divisa che forse non guarderò mai più con fiducia, a meno che… Vergognatevi”.
Il primo commento politico arriva dal coordinatore nazionale di Sinistra ecologia libertà Nicola Fratoianni: ”Gli applausi agli assassini di Federico Aldrovandi sono agghiaccianti e inaccettabili. Chi applaude quegli agenti applaude ad un crimine vergognoso e non è certo degno di vestire una divisa. Non si può accettare che chi è chiamato a garantire la sicurezza dei cittadini possa compiere gesti terribili come quello di oggi”.
di Marco Zavagli - Il Fatto Quotidiano del 29 aprile 2014.
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Re: Giustizia per Federico Aldrovandi
Se io fossi una poliziotta, sarei la prima a prendere le distanze da questi quattro assassini. Il fatto che questa gentaglia li applauda, non fa altro che legittimare le generalizzazioni, spesso scorrette, che quotidianamente osserviamo e facciamo noi stessi.
Siete una casta vomitevole. Più di ogni altra casta, perchè voi con le vite umane, che dovreste proteggere, ci giocate a scacchi. E poi vi fate gli applausi.
Io, che sono una persona per bene, non vi auguro che vostro figlio incontri per strada quattro bastardi vigliacchi come voi. Però prego che vostro figlio si vergogni del suo stesso sangue. E come lui i suoi figli e i figli dei suoi figli.
Infami e servi, nei secoli dei secoli
Siete una casta vomitevole. Più di ogni altra casta, perchè voi con le vite umane, che dovreste proteggere, ci giocate a scacchi. E poi vi fate gli applausi.
Io, che sono una persona per bene, non vi auguro che vostro figlio incontri per strada quattro bastardi vigliacchi come voi. Però prego che vostro figlio si vergogni del suo stesso sangue. E come lui i suoi figli e i figli dei suoi figli.
Infami e servi, nei secoli dei secoli
Lode a te