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Forconi: la polizia toglie i Caschi
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Forconi: la polizia toglie i Caschi
N°9.......PER CHI FU RE DI COSENZA PIU' DI ALARICO.
Nessuna Solidarietà a chi per 40 anni, delle sassaiole ha fatto la sua attività, CZ M.E.R.X.X.
I coretti contro Bergamini non li dimentico oi M.e.r.x.x.
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Re: Forconi: la polizia toglie i Caschi
E grazie, la protesta è stata appoggiata da CasaPound, FN e dai sindacati di polizia...
Ci sedemmo dalla parte del torto, visto che tutti gli altri posti erano occupati(Bertolt Brecht)
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Re: Forconi: la polizia toglie i Caschi
ah ok, non ne ero a conoscenza :unknown:stefano1992 ha scritto:E grazie, la protesta è stata appoggiata da CasaPound, FN e dai sindacati di polizia...
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Re: Forconi: la polizia toglie i Caschi
Pomeriggio una delegazione verrà ricevuta dal piduista di Arcore.
La nostra unica speranza. L'unico e solo che potrà risollevare le sorti dell'Italia.
Colui al quale è sempre stato impedito di governare questo paese, dove i comunisti e gli islamici comandano da 50 anni!!!
E meno male che la protesta non era politica
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Re: Forconi: la polizia toglie i Caschi
Forconi, il leader Calvani va via in Jaguar dopo il comizio a Genova.
Video esclusivo di Fanpage che immortala Danilo Calvani, l’agricoltore pontino cinquantunenne assurto a leader del movimento dei Forconi, mentre sale su una Jaguar dopo il suo comizio a Genova. Scortato da cinque uomini, a una persona che gli chiede di chi è l’auto, Calvani risponde: “Non è mia, io non ce l’ho. E’ sua”. E indica un uomo al posto di guida della Jaguar.
http://tv.ilfattoquotidiano.it - 11/12/2013.
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2013/12/ ... va/257800/
Video esclusivo di Fanpage che immortala Danilo Calvani, l’agricoltore pontino cinquantunenne assurto a leader del movimento dei Forconi, mentre sale su una Jaguar dopo il suo comizio a Genova. Scortato da cinque uomini, a una persona che gli chiede di chi è l’auto, Calvani risponde: “Non è mia, io non ce l’ho. E’ sua”. E indica un uomo al posto di guida della Jaguar.
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Re: Forconi: la polizia toglie i Caschi
12 persone a Quattromiglia. Ti si piazzano davanti e la polizia che da lontano se li guarda compiaciuta. Com'è bello appoggiare queste proteste!
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Re: Forconi: la polizia toglie i Caschi
Piccola inchiesta a Cosenza Nord http://martiranocontro.wordpress.com/20 ... o/#more-28
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Re: Forconi: la polizia toglie i Caschi
Forconi, a Latina la culla del movimento tra agricoltori in crisi e nostalgie fasciste.
Da almeno quattro anni Danilo Calvani, uno dei leader della protesta che oggi marcia su Roma, è il riferimento di un territorio cersciuto senza regole, dove oggi le aziende messe all’asta si contano a centinaia. Il tutto amplificato dal vuoto pneumatico della politica. Il tandem con il generale Pappalardo.
Manuel ha la barba appena accennata. Davanti alla telecamera cambia l’espressione, si aggrappa come può agli slogan ascoltati per anni nelle interminabili assemblee di Danilo Calvani. È il responsabile del presidio di Borgo Piave, all’ingresso di Latina. Da una parte la Pontina, via che collega l’interminabile agglomerato delle industrie chimiche e farmaceutiche di Aprilia; dall’altra l’asse stradale che attraversa le mediane, rami che corrono paralleli ai canali della bonifica.
“Ormai la nostra azienda è a terra, il latte lo comprano a pochi centesimi e viviamo con la pensione di 450 euro di mia nonna”, spiega, prima di recitare lo strampalato programma dei Forconi del sud pontino: “Via il governo, forze dell’ordine al potere e poi, dopo sei mesi, nuove elezioni”. Per lui, per le centinaia di agricoltori e allevatori della zona, le parole di Danilo Calvani da quattro anni sono l’ultima scialuppa di salvataggio. Dietro queste storie c’è un’agricoltura cresciuta senza una vera programmazione per anni, abituata ad un mercato che non guardava per il sottile, alleata con la chimica e con il lavoro nero assicurato dai tantissimi indiani presenti in zona, caduta di fronte alla concorrenza al ribasso del nord Africa. E, come in tutte le crisi del ‘900, ora si cerca il capro espiatorio. Le lobby, magari ebraiche, gli stranieri che rubano il lavoro, i Rom e i Sinti. E i politici, tutti riuniti in un unico girone dei colpevoli. Spostandosi più a sud c’è Sezze, granaio del Lazio da tempo immemorabile. Da qui partono ogni mattina i furgoni che portano verdura e ortaggi nei mercati romani.
A capo del presidio c’è Roberto Reginaldi, da pochi mesi passato a Forza nuova. Sul suo profilo Facebook mette in bella mostra una foto scattata con Roberto Fiore su un palco, datata 30 novembre 2013, appena una settimana prima del via alla protesta. E per il 20 prossimo sta organizzando una cena con il capo dei forzanovisti, dove si promettono “canti rievocativi del ventennio”. Questione di gusti. Si anima, Reginaldi, quando inizia a parlare nella sua tenuta mimetica. Fa l’imprenditore edile, se la prende con la tangentopoli che ha rovinato l’economia, con i cinesi e i marocchini. Poi chiama accanto a se un agricoltore della zona: “Dillo quanto ti pagano la verdura da quando c’è il corridoio verde?”. Una manciata di spiccioli. Alla fine incorona il suo leader maximo, Danilo Calvani, che a pochi metri lo ascolta: “Sai cosa c’è di differente questa volta? Abbiamo un uomo come Danilo”.
Tra la chimica entrata in crisi e l’agricoltura massacrata, nell’agro di Latina le aziende messe all’asta si contano a decine, a centinaia. Il tutto amplificato dal vuoto pneumatico della politica. E così, da quattro anni, il gruppo di Calvani ha trovato intere praterie per crescere, indossando la maschera del nuovo Messia. Chi lo conosce assicura che non c’è nessun finanziatore occulto, almeno fino all’inizio della protesta partita il 9 dicembre. “Se entri nelle loro case – racconta una fonte che preferisce l’anonimato – vedi che spesso non c’è niente da mangiare, solo una povertà arrivata all’improvviso. Nascondono il televisore, per evitare di farselo sequestrare”.
La prima protesta era nata contro le quote latte, in un asse con il nord dove molte famiglie di origine veneta arrivate a Latina negli anni ’30 mantengono legami stretti. Poi l’obiettivo è diventata la coppia Inps – Equitalia. Per mesi Calvani e tanti altri agricoltori hanno mantenuto un presidio nel centro di Latina davanti alle sedi dell’istituto previdenziale. Alla fine del 2011 è partito il movimento dei forconi. Si presentò da loro il generale in congedo Antonio Pappalardo, proponendo una bislacca alleanza tra “contadini e carabinieri”. Fondarono insieme un partito, Dignità Sociale, fecero un po’ di rumore promettendo l’invasione di Roma – una vera ossessione, pare – che finì in flop. Da un anno Calvani ha iniziato a girare l’Italia, questa volta senza la presenza, un po’ ingombrante di Pappalardo. Assemblee, incontri, riunioni. Poi il tam tam in rete, in preparazione del 9 dicembre. Ha pescato senza guardare per il sottile, attirando l’attenzione di tutti i complottisti, della peggiore estrema destra, dei grillini delusi alla perenne ricerca dell’azione e del nemico da insultare. Dietro di se ha mantenuto quel vuoto pneumatico che lo ha generato. E una città, Latina, che solo qualche anno fa salutò il sindaco Ajmone Finestra, rievocando Salò e l’armamentario nero dell’Italia golpista. Forse tra qualche giorno tutto l’armamentario golpista e fascista sparirà. Calvani tornerà ad essere uno sconosciuto contadino che ama lanciare proclami, scuotendo la chioma bionda. Quello che rimarrà sarà un territorio allo sbando, divorato dalle mafie e pronto a trasformarsi in un pericoloso laboratorio per i peggiori fantasmi.
Andrea Palladino - Il Fatto Quotidiano del 18 dicembre 2013.
Da almeno quattro anni Danilo Calvani, uno dei leader della protesta che oggi marcia su Roma, è il riferimento di un territorio cersciuto senza regole, dove oggi le aziende messe all’asta si contano a centinaia. Il tutto amplificato dal vuoto pneumatico della politica. Il tandem con il generale Pappalardo.
Manuel ha la barba appena accennata. Davanti alla telecamera cambia l’espressione, si aggrappa come può agli slogan ascoltati per anni nelle interminabili assemblee di Danilo Calvani. È il responsabile del presidio di Borgo Piave, all’ingresso di Latina. Da una parte la Pontina, via che collega l’interminabile agglomerato delle industrie chimiche e farmaceutiche di Aprilia; dall’altra l’asse stradale che attraversa le mediane, rami che corrono paralleli ai canali della bonifica.
“Ormai la nostra azienda è a terra, il latte lo comprano a pochi centesimi e viviamo con la pensione di 450 euro di mia nonna”, spiega, prima di recitare lo strampalato programma dei Forconi del sud pontino: “Via il governo, forze dell’ordine al potere e poi, dopo sei mesi, nuove elezioni”. Per lui, per le centinaia di agricoltori e allevatori della zona, le parole di Danilo Calvani da quattro anni sono l’ultima scialuppa di salvataggio. Dietro queste storie c’è un’agricoltura cresciuta senza una vera programmazione per anni, abituata ad un mercato che non guardava per il sottile, alleata con la chimica e con il lavoro nero assicurato dai tantissimi indiani presenti in zona, caduta di fronte alla concorrenza al ribasso del nord Africa. E, come in tutte le crisi del ‘900, ora si cerca il capro espiatorio. Le lobby, magari ebraiche, gli stranieri che rubano il lavoro, i Rom e i Sinti. E i politici, tutti riuniti in un unico girone dei colpevoli. Spostandosi più a sud c’è Sezze, granaio del Lazio da tempo immemorabile. Da qui partono ogni mattina i furgoni che portano verdura e ortaggi nei mercati romani.
A capo del presidio c’è Roberto Reginaldi, da pochi mesi passato a Forza nuova. Sul suo profilo Facebook mette in bella mostra una foto scattata con Roberto Fiore su un palco, datata 30 novembre 2013, appena una settimana prima del via alla protesta. E per il 20 prossimo sta organizzando una cena con il capo dei forzanovisti, dove si promettono “canti rievocativi del ventennio”. Questione di gusti. Si anima, Reginaldi, quando inizia a parlare nella sua tenuta mimetica. Fa l’imprenditore edile, se la prende con la tangentopoli che ha rovinato l’economia, con i cinesi e i marocchini. Poi chiama accanto a se un agricoltore della zona: “Dillo quanto ti pagano la verdura da quando c’è il corridoio verde?”. Una manciata di spiccioli. Alla fine incorona il suo leader maximo, Danilo Calvani, che a pochi metri lo ascolta: “Sai cosa c’è di differente questa volta? Abbiamo un uomo come Danilo”.
Tra la chimica entrata in crisi e l’agricoltura massacrata, nell’agro di Latina le aziende messe all’asta si contano a decine, a centinaia. Il tutto amplificato dal vuoto pneumatico della politica. E così, da quattro anni, il gruppo di Calvani ha trovato intere praterie per crescere, indossando la maschera del nuovo Messia. Chi lo conosce assicura che non c’è nessun finanziatore occulto, almeno fino all’inizio della protesta partita il 9 dicembre. “Se entri nelle loro case – racconta una fonte che preferisce l’anonimato – vedi che spesso non c’è niente da mangiare, solo una povertà arrivata all’improvviso. Nascondono il televisore, per evitare di farselo sequestrare”.
La prima protesta era nata contro le quote latte, in un asse con il nord dove molte famiglie di origine veneta arrivate a Latina negli anni ’30 mantengono legami stretti. Poi l’obiettivo è diventata la coppia Inps – Equitalia. Per mesi Calvani e tanti altri agricoltori hanno mantenuto un presidio nel centro di Latina davanti alle sedi dell’istituto previdenziale. Alla fine del 2011 è partito il movimento dei forconi. Si presentò da loro il generale in congedo Antonio Pappalardo, proponendo una bislacca alleanza tra “contadini e carabinieri”. Fondarono insieme un partito, Dignità Sociale, fecero un po’ di rumore promettendo l’invasione di Roma – una vera ossessione, pare – che finì in flop. Da un anno Calvani ha iniziato a girare l’Italia, questa volta senza la presenza, un po’ ingombrante di Pappalardo. Assemblee, incontri, riunioni. Poi il tam tam in rete, in preparazione del 9 dicembre. Ha pescato senza guardare per il sottile, attirando l’attenzione di tutti i complottisti, della peggiore estrema destra, dei grillini delusi alla perenne ricerca dell’azione e del nemico da insultare. Dietro di se ha mantenuto quel vuoto pneumatico che lo ha generato. E una città, Latina, che solo qualche anno fa salutò il sindaco Ajmone Finestra, rievocando Salò e l’armamentario nero dell’Italia golpista. Forse tra qualche giorno tutto l’armamentario golpista e fascista sparirà. Calvani tornerà ad essere uno sconosciuto contadino che ama lanciare proclami, scuotendo la chioma bionda. Quello che rimarrà sarà un territorio allo sbando, divorato dalle mafie e pronto a trasformarsi in un pericoloso laboratorio per i peggiori fantasmi.
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Re: Forconi: la polizia toglie i Caschi
Bologna, corteo flop dei Forconi. Alla testa il pronipote di Mussolini.
Doveva essere il ritorno dei Forconi in piazza, ma si è risolto in una sfilata di nemmeno una quarantina di persone e altrettante bandiere tricolori a Bologna. E’ stato un corteo decisamente poco affollato quello che, mercoledì 30 aprile, ha attraversato le vie del centro di Bologna, al grido di “rivoluzione subito”. Poca partecipazione, che gli organizzatori attribuiscono alla giornata feriale. “Abbiamo deciso di farlo alla vigilia del 1 maggio, perché la festa dei lavoratori ormai è una presa in giro”. Alla testa del gruppo Davide Fabbri, portavoce del Movimento 9 dicembre: “Siamo qui con l’urna e le ceneri per celebrare il funerale del sindacato, che non fa il bene dei precari e del popolo sovrano, ma cura gli interessi dei partiti”. Forlivese, Fabbri si auto definisce “pronipote di Mussolini”. Nel curriculum ha una partecipazione all’Isola dei famosi come “il Vikingo”, e la contestazione con il lancio di banane all’ex-ministro Cecile Kyenge. “Non siamo legati ad alcuna parte politica. Noi vogliamo che venga dato sostegno economico anche a quei disoccupati che cercano lavoro e non lo trovano”. Tra i partecipanti anche Danilo Calvani, volto noto per le proteste dei forconi del dicembre scorso.
di Giulia Zaccariello - http://tv.ilfattoquotidiano.it - 30/04/2014.
[youtube]wfdvglkA2xk[/youtube]
Doveva essere il ritorno dei Forconi in piazza, ma si è risolto in una sfilata di nemmeno una quarantina di persone e altrettante bandiere tricolori a Bologna. E’ stato un corteo decisamente poco affollato quello che, mercoledì 30 aprile, ha attraversato le vie del centro di Bologna, al grido di “rivoluzione subito”. Poca partecipazione, che gli organizzatori attribuiscono alla giornata feriale. “Abbiamo deciso di farlo alla vigilia del 1 maggio, perché la festa dei lavoratori ormai è una presa in giro”. Alla testa del gruppo Davide Fabbri, portavoce del Movimento 9 dicembre: “Siamo qui con l’urna e le ceneri per celebrare il funerale del sindacato, che non fa il bene dei precari e del popolo sovrano, ma cura gli interessi dei partiti”. Forlivese, Fabbri si auto definisce “pronipote di Mussolini”. Nel curriculum ha una partecipazione all’Isola dei famosi come “il Vikingo”, e la contestazione con il lancio di banane all’ex-ministro Cecile Kyenge. “Non siamo legati ad alcuna parte politica. Noi vogliamo che venga dato sostegno economico anche a quei disoccupati che cercano lavoro e non lo trovano”. Tra i partecipanti anche Danilo Calvani, volto noto per le proteste dei forconi del dicembre scorso.
di Giulia Zaccariello - http://tv.ilfattoquotidiano.it - 30/04/2014.
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