Heysel: per non dimenticare (29 maggio 1985)

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Drum-RedBlu
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Heysel: per non dimenticare (29 maggio 1985)

Messaggio da Drum-RedBlu »

Bellissimo documentario sulla strage dell'Heysel, vedetelo tutto, fa molto riflettere. Ci sono le testimonianze dei sopravvissuti, di chi ha perso un figlio, un genitore o un fratello, dei giornalisti e dei calciatori che hanno vissuto quella serata surreale. Un filmato che mostra immagini crude che sembrano quelle di una guerra, e non di una partita di calcio.

Viene anche raccontata la parte sportiva-indegna di quella serata, ovvero il comportamento dei calciatori della Juve che festeggiarono la coppa nonostante la tragedia (se ne parla a partire dal minuto 23.40 fino al minuto 31.00). Il bordo campo era diventato un cimitero.

E infine vengono raccontate le responsabilità della polizia belga e della UEFA che fece giocare la partita (una vera vergogna). Lo stadio comunque era inadeguato, e permettetemi una battuta: il San Vito 30 anni fa era molto più attrezzato rispetto a quelle specie di pollaio.

http://video.repubblica.it/sport/heysel ... =og.shares


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marcello77
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Re: Heysel: per non dimenticare (29 maggio 1985)

Messaggio da marcello77 »

Qui c'è la telecronaca completa di quella sera: https://www.youtube.com/watch?v=KjfKHiYLBbw
Ricordo che ero anche io davanti il televisore e, seppur con la mente di un bambino, non riuscivo a capire i festeggiamenti del dopo-partita nonchè i cortei e la gioia dei miei concittadini scesi in piazza.
L'unico a chiedere scusa ed a fare ammenda fu, qualche anno dopo, Marco Tardelli.
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felipao
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Re: Heysel: per non dimenticare (29 maggio 1985)

Messaggio da felipao »

Tra le altre cose, in mezzo alla tragedia la Juventus vinse con un rigore inesistente per. fallo avvenuto tre metri fuori l'area.
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Re: Heysel: per non dimenticare (29 maggio 1985)

Messaggio da cs86 »

che schifo quegli striscioni -39 ecc..addirittura quelli con la maglia numero 39 fotografata li impiccherei seduta stante in pubblica piazza..parevano fiorentini, non mi meraviglierebbe la cosa visto che è una delle curve piu idiote d'italia(gemellata con i veronesi non a caso).mi stavo vomitando a vedere quegli striscioni....ps naturalmente questo vale per tutte le tragedie, a partire da superga..una rivalità non puo mai scadere in idiozia, e gli ultras COSENZA hanno sempre dimostrato questo esponendo striscioni di cordoglio per la morte di vinicio importante esponente degli UC e quegli altri ragazzi sull'autostrada...che dire, ci son curve e curve, la mia non la cambierei manco con la piu spettacolare al mondo
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marcello77
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Re: Heysel: per non dimenticare (29 maggio 1985)

Messaggio da marcello77 »

cs86 ha scritto:che schifo quegli striscioni -39 ecc..addirittura quelli con la maglia numero 39 fotografata li impiccherei seduta stante in pubblica piazza..parevano fiorentini, non mi meraviglierebbe la cosa visto che è una delle curve piu idiote d'italia(gemellata con i veronesi non a caso).mi stavo vomitando a vedere quegli striscioni....ps naturalmente questo vale per tutte le tragedie, a partire da superga..una rivalità non puo mai scadere in idiozia, e gli ultras COSENZA hanno sempre dimostrato questo esponendo striscioni di cordoglio per la morte di vinicio importante esponente degli UC e quegli altri ragazzi sull'autostrada...che dire, ci son curve e curve, la mia non la cambierei manco con la piu spettacolare al mondo
A Vinicio fu dedicata anche la copertina di un Tam Tam.
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Re: Heysel: per non dimenticare (29 maggio 1985)

Messaggio da originalbruzy »

Ricordiamo quella povera gente senza andare oltre...ma che fate polemica anche qui? Ricordiamo 39 famiglie distrutte per un gioco...Ricordiamo che a distanza di 30 anni ancora non è cambiato nulla (vedi ieri a Roma)
Via Popilia Chè!
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Re: Heysel: per non dimenticare (29 maggio 1985)

Messaggio da cs86 »

originalbruzy ha scritto:Ricordiamo quella povera gente senza andare oltre...ma che fate polemica anche qui? Ricordiamo 39 famiglie distrutte per un gioco...Ricordiamo che a distanza di 30 anni ancora non è cambiato nulla (vedi ieri a Roma)
da parte mia nessuna polemica...solo una riflessione scaturita guardando alcuni striscioni meschini tutto qui :good:
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marcello77
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Re: Heysel: per non dimenticare (29 maggio 1985)

Messaggio da marcello77 »

Heysel 1985-2015: 30 anni dopo quei 39 morti hanno tanti responsabili e nessun colpevole. E il calcio non è più lo stesso.

Il 29 maggio 1985 a Bruxelles si consumò una delle peggiori tragedie della storia del calcio, sicuramente quella più nota perché avvenuta prima della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool. Da allora ad oggi tante inchieste e altrettante polemiche, una coppa che nonostante tutto fa bella mostra in bacheca a Torino, nessuna ammissione di colpa da parte di chi organizzò quel match folle. E le storie dimenticate di coloro che in quello stadio morirono.

Sono le sette e venti di sera allo stadio Heysel di Bruxelles, in campo due squadre di ragazzini belgi con indosso le maglie rosse e bianconere si stanno sfidando in attesa dell’incontro dei grandi, in cielo un bellissimo tramonto sembra disegnato apposta da Emile Claus per fondersi con i colori delle sciarpe e delle bandiere dei tifosi. Sono le sette e venti di sera allo stadio Heysel, quando qualcosa va storto. Quella che doveva essere la festa della finale di Coppa Campioni tra il Liverpool, che l’aveva vinta l’anno prima all’Olimpico contro la Roma, e la Juventus, che la stagione precedente aveva vinto la Coppa delle Coppe e poi a gennaio la Supercoppa Europea proprio contro i Reds, si trasforma in una tragedia. Alla fine di quasi due ore di panico e angoscia, di urla e di spaventi, di paura e di delirio, si contano 39 morti (di cui 36 italiani, il più vecchio di 58 anni e il più giovane di 11 anni) e oltre 600 feriti. Sono le nove e quaranta allo stadio Heysel di Bruxelles, e da quel maledetto 29 maggio del 1985 il calcio non sarà più lo stesso.
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Alle sette e venti, dopo le prime scaramucce tra tifosi del Liverpool (sistemati nei settori X e Y dello stadio Heysel) e della Juventus (che si trovano inopinatamente nel settore Z, lì a fianco), separati solo da una rete, un gruppo di inglesi rompe le deboli recinzioni che separano i settori e cerca lo scontro. E’ il panico. Chi cerca di uscire dai cancelli d’ingresso posti in cima li trova incredibilmente chiusi con i lucchetti, i vigili del fuoco decine di minuti dopo li dovranno rompere con le cesoie, chi prova a entrare in campo è ricacciato indietro dalla polizia belga, che entra in campo a cavallo sventolando i manganelli, senza capire cosa sta succedendo e senza aiutare nessuno. Anzi, aumentando il panico. A decine sono soppressi nella calca del fuggi-fuggi generale, e muoiono schiacciati. Altri per uscire dal settore Z provano a scavalcare il muro, che crolla sotto il loro peso schiacciando i fuggitivi. Alla nove e quaranta, quando è calata la notte e l’arbitro fischia l’inizio della partita, a terra ci sono già quei 39 morti di cui il calcio non si è mai assunto le responsabilità.

Non è il disastro peggiore della storia, nel 1964 in Perù ci furono quasi 400 morti, nel 1982 in Russia circa 340, poche settimane prima dell’Heysel nel fuoco di Bradford morirono in 56 e pochi anni a dopo a Sheffield saranno 96. Ma è il più clamoroso. Perché è una finale di Coppa dei Campioni. Perché la tragedia avviene prima del calcio d’inizio, eppure si gioca lo stesso, a onta dei 39 morti. Perché le televisioni, a eccezione di quella tedesca, decidono di trasmettere lo stesso le immagini della partita, in un silenzio che puzza di morte. Perché ci si rende conto fin da subito che le responsabilità sono tanto degli organizzatori e delle forze dell’ordine quanto dei famigerati hooligans. Lo conferma l’inchiesta del giudice belga Marina Coppieters, che tre anni dopo condanna una decina d’inglesi a pochi anni di galera per omicidio colposo, ma soprattutto condanna la Uefa al risarcimento danni per le vittime in quanto ritenuta responsabile della strage.

E se il presidente della Uefa Jacques Georges e il segretario generale Hans Bangerter non sono arrestati per un soffio nel dopopartita, Albert Roosens, allora presidente della federcalcio belga, e Johan Mahieu, responsabile dell’ordine pubblico, sono condannati a sei mesi di reclusione. I club inglesi, che allora dominavano in Europa, saranno squalificati per cinque anni dalle competizioni internazionali. I tifosi dei Reds negli anni seguenti racconteranno una verità terribile, confermata dalla commissione d’inchiesta affidata al giudice britannico Popplewell: infiltrati tra i presunti hooligans del Liverpool c’erano alcuni tifosi del Chelsea del gruppo di estrema destra Headhunters, membri dell’organizzazione neonazista Combat 18 e del partito National Front, tra cui addirittura due consiglieri comunali di Liverpool. I gruppi di neofascisti che dalla fine degli anni Settanta in Inghilterra approfittavano del calcio per aumentare il livello di tensione, e favorire la repressione delle proteste sindacali, si era spinto fino in Belgio.

I tifosi bianconeri negli anni seguenti denunceranno di essere stati lasciati soli, dal club e dalle istituzioni calcistiche italiane. Quella sera si rompe il patto di fiducia tra società e tifosi, tra chi a Bruxelles ha visto morire amici e parenti e chi con quella partita ci ha guadagnato e vinto una coppa. I giocatori, eroi del Mundial spagnolo dell’82, ammetteranno infatti solo molto tempo dopo che sapevano dei morti prima di scendere in campo, molti di loro diranno che quella partita non si doveva giocare, ma quasi nessuno di loro all’epoca acconsentì di donare il premio partita alle famiglie delle vittime. La stessa Juventus non rinuncerà mai a quella coppa – nonostante le richieste che arrivavano dallo scrittore Italo Calvino all’allora direttore della Gazzetta dello Sport Candido Cannavò – ma si rifiuterà anche per anni di intrattenere rapporti con l’Associazione dei parenti delle vittime. Lo ha denunciato più volte il presidente dell’associazione Otello Lorentini, il cui figlio Roberto una volta uscito dal settore Z sceglie, da uomo e da medico quale era, di tornare indietro a cercare di salvare gli altri, e trova la morte.

Ma la figura peggiore davanti a quella carneficina la fa la Uefa, che decide che the show must go on per non rimborsare biglietti e pagare penali alle tv. E non tornerà mai più indietro. Le responsabilità della Uefa risalgono a prima, alla decisione di fare giocare il match in uno stadio fatiscente, con mattoni di calcestruzzo talmente leggeri che alcuni tifosi fanno buchi nei muri per entrare. Alla decisione di vendere i biglietti del famigerato settore Z, a fianco dei settori X e Y riservati al Liverpool, sia agli italiani residenti in Belgio sia alle agenzie di viaggio italiane che organizzano i pacchetti, pur sapendo che l’anno prima all’Olimpico i tifosi del Liverpool e della Roma se le erano date di santa ragione. Le responsabilità della polizia belga sono evidenziate, oltre che dall’assurdo comportamento delle guardie a cavallo in campo, dalla decisione di utilizzare solo 5 (cinque!) poliziotti lungo le reti che dividono il settore X dallo Z, mentre fuori ne impiegano 40 (quaranta!) per inseguire un ragazzo che ha rubato un hot dog. Scaricate per anni le colpe sui tifosi inglesi brutti, sporchi e cattivi, di queste nefandezze le autorità del calcio e della politica non si sono mai assunte la responsabilità.

Luca Pisapia - Il Fatto Quotidiano del 28 maggio 2015.
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Re: Heysel: per non dimenticare (29 maggio 1985)

Messaggio da marcello77 »

Heysel 1985-2015. Conte, tifoso rimasto sotto le macerie: “Ho chiesto un biglietto per finale di Berlino, Juve mi ha detto no”.

Divenuto il volto della tragedia in cui persero la vita 39 persone, dopo tanti anni di silenzio ha raccontato il dolore di quei momenti alla Gazzetta del Mezzogiorno: "Davanti a me c’era un uomo con la telecamera. Ricordo di aver letto ‘Italia’ sulla macchina da presa e iniziai a urlargli di aiutarmi, ma lui continuava a riprendere. Qualche tempo dopo mi dissero che aveva vinto anche un premio".

“Non metto piede in uno stadio da quel 29 maggio 1985 e avevo deciso di tornarci proprio per vedere di nuovo la Juventus in finale e così ho scritto alla società: ho spiegato chi ero, quello che avevo passato in quella curva Z e ho chiesto due biglietti per Berlino. Mi hanno risposto che i biglietti sono nominativi e numerati, ma se volevo potevo vedere la sfida con il Napoli”. Inizia così il racconto di Gaetano Conte a La Gazzetta del Mezzogiorno. Il tarantino divenuto suo malgrado il volto di quella tragedia in cui persero la vita 39 persone, dopo tanti anni di silenzio e persino una diffida vana per evitare di rivedere il suo viso barbuto in tv, al quotidiano pugliese ha descritto i suoi ricordi, i suoi dolori e il suo sogno svanito.

Voleva riprendere da dove aveva lasciato, dal sogno di vedere la sua Juve sollevare la Coppa dei Campioni come la chiama ancora nostalgicamente. Ha chiesto alla figlia di spedire una mail, ma non è bastato. Lui che da quel giorno non è più tornato allo stadio: la finale contro il Barcellona, dovrà guardarla in tv. “Però lo so che a rispondermi è stato qualcuno dello staff perché se fossi riuscito a scrivere direttamente al presidente Andrea Agnelli, mi avrebbe accontentato”. Forse avrebbe potuto superare quella paura che ancora lo attanaglia. Quando qualcuno lo salvò dalle macerie che gli bloccavano le gambe fu sistemato su una barella di fortuna: “All’improvviso mi voltai a guardare gli altri feriti. Accanto a me c’era il corpo di una bambina. Avrà avuto 14 o 15 anni: aveva la gola tagliata. Ho passato tre giorni e tre notti a piangere”.
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Sotto quelle macerie c’era finito per un altro piccolo tifoso: “Portai con me un ragazzo disabile. Aveva 15 anni e per fargli vedere la partita qualche settimana prima andai al comune e lo feci inserire sul mio stato di famiglia. In quella bolgia è stato il mio unico pensiero: quando riuscii a metterlo in salvo caddi per lo sfinimento. Lì cominciò l’inferno. La folla mi travolse e persi i sensi. Quando pochi minuti dopo mi risvegliai avevo le gambe bloccate dalle macerie e davanti a me c’era un uomo con la telecamera. Ricordo di aver letto ‘Italia’ sulla macchina da presa e iniziai a urlargli di aiutarmi, ma lui continuava a riprendere. Gli dicevo di tirarmi fuori dalle macerie, ma quello continuava a girare. Qualche tempo dopo mi dissero che aveva vinto anche un premio. Ci pensi? Io stavo morendo e lui aveva vinto un premio”.

Ricorda ogni momento di quella giornata fino a quando la folla non lo travolse: la sua gamba è così livida che ogni giorno deve prendere pillole antidolorifiche. “Per curare le conseguenze di quella finale: ho girato l’Italia, ma non c’è niente da fare, mi devo tenere il dolore. Pensavo solo di ricominciare da dove avevo lasciato e invece la dovrò guardare in tv. Peccato. Però vinciamo noi, ho giocato un biglietto con il risultato finale. Vinciamo noi”.

Francesco Casula - Il Fatto Quotidiano del 29 maggio 2015.

Ho postato l'articolo non tanto per discutere sul fatto del biglietto (se lo avessero dovuto dare a lui, allora anche a tanti altri superstiti), ma più che altro sul fatto dell'operatore che rinunciò a soccorrrerlo per continuare a riprendere il tutto con la telecamera.
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