Tanti auguri Carlè!

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Tanti auguri Carlè!

Messaggio da Vilienza »

esponente di spicco del calcio ruspante che ci piace. un allenatore che ha girato l'Italia regalando stagioni indimenticabili ai tifosi "di provincia", ma anche vivendo tragedie incommensurabili (stagioni 1978/1980)
tanti auguri per i tuoi 80 anni carlè, sei secondo solo a mister campanaro :flag: :flag: :flag:


Gli 80 anni di Carlo Mazzone: una vita tra campioni e panchine

E' l'allenatore italiano con più panchine in assoluto in Serie A (795), più di Nereo Rocco e Niels Liedholm. Le coppe che ha vinto non esistono più: la Coppa di Lega italo inglese (Fiorentina 1975) e la Coppa Intertoto (Bologna 1988)
di FABRIZIO BOCCA

ROMA - Per una congiunzione astrale del calendario solare e per una ben più terrena del calendario di Serie A il Sor Carlé fa 80 anni proprio di domenica (19 marzo). Giorno sacro per uno che di domenica non ne ha mai passata una a casa accanto a quella santa donna di Maria Pia. Se non quando ha deciso di ritirarsi in pensione. Carletto Mazzone è un caro, vecchio zio che viene direttamente dagli anni 70 e 80 ma ha resistito sulla breccia tutto sommato fino a poco tempo fa. Sono stati anni straordinari, quelli, grandiosi, opulenti, esagerati. Ma anche più umani, casarecci, disinvolti, splendidamente provinciali, meno globalizzati e intensamente popolari. Tempi di grandi uomini e di grandi storie. Chiamateli pure dinosauri, ma io ad esempio andavo matto per King Kong e Godzilla.

Carletto Mazzone è l'icona di se stesso – il ritratto di un capitano di ventura, uno straordinario Brancaleone degli stadi - ma soprattutto l'icona di un'epoca trascorsa velocemente, travolta improvvisamente dalla modernità, dalla tv via satellite, dal mondo che ti entra in salotto, dai tatuaggi, dalle creste, dallo star system dei calciatori, dalle moviole istantanee, dagli arbitri collegati via radio, dai tablet che misurano le cose più assurde del pallone. Mi immagino oggi dove manderebbe il Sor Carlé, che viene dalla strada e dalla gavetta, un match analyst che si presentasse con la "mappa di calore" di Totti o Baggio: "Ahoooo, ma va, va...!"


Carletto Mazzone, romano trasteverino nella parlata, fisicamente esuberante e gesticolante, splendido attore dialettale alla Mario Brega, non sarebbe mai esistito se non fosse esistita la provincia. E cioè quel fantastico mondo di opportunità, ambizioni, rivalità di paese, piccoli vizi, rivalse, lontananze, ricchezze, gelosie che è appunto la provincia italiana, contrapposta all'Italia metropolitana. Se a Torino c'è Trapattoni, se a Milano ci sono Rocco, Sacchi ed Herrera, se a Roma ci sono Liedholm, Capello e l'algido Eriksson, se a Napoli c'è l'ombroso ma spietato Ottavio Bianchi – tutti cavalieri di un calcio ricco e potente, con alle spalle le grandi famiglie e i grandi capitani d'industria – nel resto dell'Italia profonda e provinciale c'è lui. Carletto Mazzone, quello che tutti chiamano "il Trapattoni dei poveri".
Il suo mondo (anche oggi) è Ascoli, la stessa città di un altro grandissimo sanguigno allenatore, il professor Carlo Vittori, il mentore di Pietro Mennea. E infatti i due per un certo periodo lavorarono addirittura insieme nel calcio. Ad Ascoli e alla Fiorentina: Mazzone allenatore, Vittori preparatore. Il datore di lavoro di Mazzone è Costantino Rozzi, un costruttore rampante che va in panchina accanto a Mazzone, sobbalzando a ogni tiro, e con i calzini rossi perché portano fortuna. L'Ascoli di quegli anni torna a essere una roccaforte medievale, Rozzi e Mazzone sono due signori feudali che comandano e hanno potere, e vincono, e stanno lassù dispettosi e spudorati tra i grandi. Ad Ascoli, con Mazzone e subito dopo, arriva gente come Anastasi, Brady, Bruno Giordano, Dirceu, Casagrande, Bierhoff. Mazzone è il signore di un'Italia sfacciata e ambiziosa che va da Ascoli a Catanzaro, da Bologna a Lecce, da Pescara a Cagliari, da Perugia a Brescia a Livorno. Un'Italia che testardamente pretende e ottiene la Serie A con lui.
Sicuramente il calcio non lo misuri tutto con gli scudetti e le Champions League, però è anche vero che quel calcio lì, provinciale e casareccio, è ormai marginale, perché sopraffatto dalla facilità con cui ci rovesciano in casa il Barcellona, il Real Madrid, il Chelsea, il Manchester United, il Bayern Monaco. E le loro superstar che hanno ormai eliminato tutti gli Hubner, i Barbas e i Pasculli della nostra memoria. Oggi la gente, ubriaca di Messi e Ronaldo, non sa nemmeno dove giochino il Lecce, l'Ascoli e il Brescia. "Video killed the radio star".
Il calcio di Mazzone è per definizione "ruspante" nel senso buono del termine, allevato a terra, genuino, sano, fatto di astuzia ma soprattutto essenzialità. Certo, per qualcuno perfino rozzo e non raffinato come quello di Liedholm, Sacchi, Zeman che sono un po' i Master Chef di allora. Ma nel calcio di provincia ci si difende e si colpisce in contropiede. Se serve si mena. E quello Mazzone sa farlo perfettamente, anche se come tutti i difensivisti negherà sempre il difensivismo. In ogni caso il suo calcio è salvifico per lui stesso e distruttivo per gli altri: il 14 maggio 2000 in quel famigerato Perugia-Juve 1-0, arbitrato da Collina con l'ombrello e che toglierà lo scudetto alla Juve assegnandolo alla Lazio, c'è lui. Perfido, sulla panchina del Perugia.
Gli scudetti di Mazzone non sono quelli tradizionali, le coppe che ha vinto oggi non esistono nemmeno più: la Coppa di Lega italo inglese (Fiorentina 1975), la Coppa Intertoto (Bologna 1988). I suoi scudetti sono le salvezze e le promozioni dalla C e dalla B, le piazze infiammate per il dono della Serie A. Bearzot, Liedholm, Sacchi, Capello sono nobili, lui è proletario. Per un curioso caso, ma anche perché la sua carriera è stata lunghissima e dunque zeppa di intrecci e svolte straordinarie, Carlo Mazzone ha allenato tre star della panchina di oggi: Antonio Conte, Claudio Ranieri e Pep Guardiola. Il primo caratterialmente è la sua fotocopia, riguardatelo urlare in faccia a Mourinho "Play the ball! Play the ball!" e vedrete lui. Ranieri è il compromesso testaccino, un Mazzone salito di classe e diventato borghese. Guardiola è esattamente il suo opposto, ma anche quello che gli è rimasto affettivamente più legato, tanto da invitarlo allo stadio a Roma per la Champions vinta col Barcellona nel 2009. Le sinapsi del calcio sono incredibili e ancora poco studiate. L' Homo Mazzonicus suscita infatti sentimenti forti, affetti, simpatia, legami familiari, profumi di grandi pranzi parentali col capostipite a capotavola.
Pur essendo nato nel cuore di Roma, pur avvertendone la sua origine trasteverina ovunque e anche adesso che ha 80 anni, Roma è stata solo il principio e poi una parentesi nella sua vita professionale. Il romanissimo Mazzone e il romanissimo Sensi, una coppia fatta apposta per la Gialappa's e le imitazioni di Teo Teocoli. Una concessione fatta al tifoso dichiarato della Roma che è in lui, appartenenza del resto apertamente e orgogliosamente esibita tramite la doppia etichetta di Sor Carlé e Er Magara. Un'eccezione, quella della panchina di una grande (ma allenò anche la Fiorentina subito dopo l'Ascoli), fatta al suo personaggio da Oscar per il miglior attore non protagonista.
Mazzone sta al calcio come Renzo Montagnani e Lino Banfi stanno al cinema di genere, come Albano sta alla canzone tradizionale italiana, come Corrado sta alla TV di intrattenimento. Grande personaggio tv, furbo e ben consapevole dell'ascendente sul pubblico, Mazzone sposta in avanti gli anni 80 e 90, recitando insieme al suo gemello Trapattoni il primo grande reality del pallone. I due strizzano l'occhio, semplificano e spettacolarizzano il linguaggio, recitano loro stessi, vanno a braccetto non solo col curvarolo ma soprattutto col tifoso della domenica sbracato in salotto. Sono divi popolari e popolareschi. "Ah Varriale, lo sai che c'ho amici a Roma, ho saputo che t'hanno fatto fuori...". Un caposaldo del genere è l'immortale "Strunz, Strunz, Strunz" in tedesco di Trapattoni (10 marzo 1998).
Mazzone è la dimostrazione che calcio è una meravigliosa commedia umana. La carriera di Sor Carlé raggiunge il culmine e virtualmente chiude un'epoca il 30 settembre 2001 con la corsa furiosa sotto la curva degli ultras dell'Atalanta - che gli offendevano la madre e lo insultavano - dopo i due gol del pareggio di Baggio. Un cult del genere, un blob che non smette mai di girare. Lo scherzo telefonico della Lavatrice di Mario Magnotta, il Discorso del Sindaco di Palomonte e la Corsa di Mazzone sono arte contemporanea.
È la summa opera mazzoniana, un crescendo rossiniano che inizia con la sfida - "Se famo 3-3 vengo sotto la curva!" -, monta con la rabbia che trasfigura il viso e fa digrignare i denti, esplode col gol su punizione di Baggio, sale con la corsa folle, goffa, inarrestabile, e culmina con l'urlo aggrappato alla rete: "Ah fijii de 'na mignotaaaaaa!".
Sipario, applausi, auguri.
http://www.repubblica.it/sport/calcio/2 ... P3-S1.4-T1
"dunami ̶f̶u̶r̶t̶u̶n̶a̶ u cul* i Guarascio e jettami a mare" (cit. mia nonna)


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Re: Tanti auguri Carlè!

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https://www.youtube.com/watch?v=io2g20rkkxE

(ma com'è che non riesco più a mettere i video di youtube in anteprima?)
"dunami ̶f̶u̶r̶t̶u̶n̶a̶ u cul* i Guarascio e jettami a mare" (cit. mia nonna)